salve, cerco informazioni sul metodo del  compensato piegato (o  stressato).   (Walter)
...a grandi linee:
le superfici piane possono essere curvate solo in una direzione.
Questo vale per le lamiere, il compensato, e tutti laminati in genere.
Quindi per esempio, far seguire ad un foglio di compensato la curvatura delle linee d'acqua è abbastanza facile e viene naturale.
Però mettendoci un pò di pazienza e usando dime e/o ordinate a contrasto (o quant'altro) si riesce ad ottenere anche una modesta curvatura in altre direzioni. Questa  tecnica si adopera di solito sugli slanci (una leggera torsione) ma talvolta anche nel pieno del corpo della barca.
L'applicazione sistematica di questa tecnica di sottoporre a sforzo il compensato prende svariati e  pittoreschi nomi: CM Stressato, CM Torturato (Tortured), o Compounded (aggravato? - forzato?).
Traggo e traduco da "the Gougeon Bros on boat construction" - cap.23
"Compounding plywood
Per "forzare" un foglio di compensato, lo piegate in due direzioni allo stesso tempo.
Tutto il compensato può essere forzato, ma, come diremo più avanti, la quantità di forzatura possibile per un dato foglio di compensato non è stata  stabilita con precisione e in generale la farzabilità di un pannello è determinata dal suo spessore, dal numero di lamine usate per produrlo e dalla specie di legno usato. Lo spessore del compensato è un fattore limitale nella taglia degli scafi che possono essere costruiti con il metodo del compensato "forzato". Noi abbiamo usato pannelli da più di 1/4 di pollice (6,35mm) a 5 strati e di solito scegliamo il più spesso che si può piegare in forma.
Differenti essenze dello stesso spessore si piegheranno con diverse difficoltà. Sebbene differenti specie di legno possano essere usate per la costruzione "forzata" quasi sempre scegliamo il migliore okoume marino o betulla avio. Ogni specie ha i suoi pro e i suoi contro: la cosa importante da considerare con questo metodo di costruzione è che delle incrinature o dei vuoti all'interno del laminato possono provocarne la rottura quando sia forzato. Pertanto vanno usati pannelli di alta qualità."

Uno scafo di successo costruito con il metodo della forzature è il catamarano  Tornado.
Per prima cosa si tagliano due pannelli identici di compensato. Si uniscono per la prua e per la chiglia con un angolo abbastanza ampio e si "arma" la giuntura con epossidica addensata e fibre di vetro.

Quando la resina è perfettamente polimerizzata si procede alla "forzatura" cioè si mettono in "tiro" le fiancate per ravvicinarle e fargli prendere la forma definitiva. Una volta raggiunta la curvatura richiesta di mette una dima precedentemente preparata (per assicurarsi che la curvatura sia omogenea e con la forma voluta) e si inseriscono dei rinforzi di baglio o delle paratie.
A questo punto si procede con la  chiusura della poppa o l'inserimento di uno specchio e si termina il lavoro con la coperta.

Questi due disegni chiari e ben esplicativi sono tratti dal libro "The Gougeon Brothers on Boat Construction"

I molti casi la costruzione di una barca non adotta un metodo unico ed originale ma diversi metodi in diverse fasi della costruzione per cui è abbastanza normale che, per esempio nella costruzione "cuci & incolla", si adotti una certa forzatura dei pannelli cuciti.

Una bella descrizione fotografica di un lavoro di questo tipo si può vedere da Phil Brander (La costruzione di un catamarano...) linkato alla pagina Esperienze .

Personalmente ho applicato la forzatura solo parzialmente.

Se qualcuno ha qualche esperienza diretta (positivo a negativa che sia) è pregato di farsi avanti e dirci.
Luigi
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vorrei autoinstallare a bordo un  contagiri, non ho molta esperienza a riguardo potreste darmi consigli.
Inoltre ho da poco acquistato un ripartitore di carica che va collegato all'alternatore della barca(entrobordo diesel)e poi alle due batterie, qulcuno di voi sa dirmi come collegarlo?

il contagiri dovrebbe avere un collegamento all'alimentazione quindi positivo/negativo, con il positivo sotto chiave, e un collegamento al morsetto"W" dell'alternatore.
Se lo strumento prevede l'illuminazione del quadrante (come è probabile) troverai un altro morsetto positivo da mettere sotto interrutore luci quadro,  per la alimentazione della lampadina (il negativo va in comune con quello dell'alimentazione) non puoi confondere il positivo dell'alimentazione con quello della lucina, perchè questa è amovibile (per la sostituzione) ed ha una sezione molto più piccola.
Almeno il mio strumento è cosi, comunque se compri un contagiri esigi il libretto o almeno lo schema di collegamento!
Per quanto riguarda il ripartitore, l'unico sistema che conosco è praticamente una coppia di diodi che ricevono la corrente dall'alternartore e la inviano alla batteria, quindi ogni diodo ha an ingresso e una uscita che dovrebbe essere indicata, perchè il diodo
ha la caratteristica di far passare la corrente solo in un senso, ed è questo lo scopo, evitare che una batteria si "riversi sull'altra".
Se l'ingresso e l'uscita dai diodi non sono segnati è scandaloso ma puoi scoprirlo con il tester o con una pila, il come lo scopri se hai compreso bene che la corrente passa solo in un senso!
cerca di non installare il ripartitore in sala macchine, perchè  i dissipatori dei diodi scaldano parecchio, soprattutto quando le batterie
sono scariche.
Per quanto riguarda l'argomento impianti elettrici, concordo con te, autocostruttori o no, comunque prima o poi ogni diportista dovrà fare i
conti con un tester, un capocorda, o un saldatore.
Sicuramente ci sono libri e manuali sull'argomento ed è fondamentale, data la vastità del settore, leggere qualcosa, almeno per avere una infarinatura e apprendere qualche regola fondamentale.
Il resto come sempre viene con l'esperienza, ma ricorda che sbagliare quando c'è di mezzo una corrente non è mai piacevole.
Se hai pazienza, prossimamente ti racconto come ho fatto l'impianto sulla mia barca, partendo da un progettino su carta, proseguendo con il tirare le linee e arrivando al cablaggio della distribuzione e  del quadro di comando, comprendente interruttori, portafusibili e strumenti di misurazione digitali.

Ades vò a let a dormer perchè sò stracc!       -        ciaoooo!     Francesco C.
 

R Questo e' il tipo piu' semplice, ma presenta, secondo me, alcuni difetti non trascurabili, difetti superati in gran parte da altri tipi di dispositivi.
Provo a rendere l'idea in due righe:
L'alternatore, quando il motore gira a velocita' sufficiente, genera una certa tensione.
Quando questa tensione supera quella della batteria inizia a circolare corrente verso la batteria.
E' necessario un regolatore di carica per proteggere la batteria e l'alternatore:
Quando la batteria supera una certa tensione significa che e' quasi completamente carica, bisogna percio' interrompere la corrente per evitare danni alla batteria stessa.
Inoltre se la batteria e' molto scarica, tende ad assorbire una corrente molto elevata, che potrebbe, tra l'altro, danneggiare l'alternatore.
Il regolatore svolge quindi la funzione di limitare la corrente e la tensione di uscita ad un valore massimo.
Di solito la corrente dipende dalla potenza dell'alternatore, la tensione e' data dalla caratteristica delle batterie al piombo: sono cariche con una tensione di circa 13,6V.

Per usare piu' batterie in modo efficace, occorre fare in modo che la corrente di carica si suddivida tra tutte le batterie.
Il sistema piu' semplice e' quello di mettere le batterie in parallelo ma commutatori manuali hanno il difetto che sono fatti funzionare dall'uomo, che si puo' dimenticare le batterie in parallelo anche quando il motore e' fermo, facendo magari scaricare due batterie anziche' una sola.

I diodi sono la soluzione "automatica" piu' semplice, costano poche migliaia di lire, ma :
1) hanno una caduta di tensione fissa di circa 0,7 Volt: significa che se il nostro regolatore dell'alternatore limita la carica a 14 V (valore maggiore dei 13,6 teorici ma usato in pratica) la tensione max che arriva alla batteria diventa 14-0,7 = 13,3 che e' insufficiente per una ricarica completa in tempi brevi. (in pratica la batteria si ricarica abbastanza rapidamente fino ad un certo punto, poi impiega moltissime ore per arrivare al 100%)
2) Inoltre la corrente va sulla batteria con la tensione piu' bassa, quindi in caso di utilizzatori connessi alla seconda batteria o una batteria difettosa potrebbe succedere che la batteria di avviamento venga caricata molto meno di quanto ci si aspetta.

L'ideale, secondo me, sarebbe eliminare il regolatore dell'alternatore (che di solito e' interno, quindi l'operazione non e' proprio immediata) e montare un regolatore apposito con due uscite indipendenti.  Alcuni di questi dispongono di un controllo a microprocessore che riesce a caricare le batterie nel minor tempo possibile giostrando sulla tensione di ricarica.

Una alternativa abbastanza valida e' quella di usare dei ripartitori che lasciano intatto il circuito elettrico originale (cosa positiva soprattutto per barche nuove o in leasing ecc. dove una eventuale manomissione dell'impianto potrebbe compromettere la validita' della garanzia) ma "sentono" la tensione della batteria del motore, e quando questa e' ad un valore sufficientemente alto (quindi vicino alla ricarica completa) attivano il collegamento all'altra batteria, permettendone la ricarica.
Quando la tensione scende al di sotto di un certo valore significa che l'alternatore non sta piu' caricando quindi il dispositivo stacca la
batteria dei servizi.

Ma non preoccupatevi, tutte le soluzioni funzionano, occorre solo capire bene il meccanismo in modo da prevenire e/o correggere i problemi per tempo.

E' ovvio che un dispositivo automatico ed affidabile ci toglie un bel po' di preoccupazione, ma bisogna comunque di tanto in tanto ricordarsi di verificare che tutto sia in regola.

Scusatemi lo scritto molto in fretta, ma l'alternativa e' non scrivere......     -        BV            Franco

R Speravo, ma ero certo,  che Franco, molto competente in materia, entrasse in argomento.
Sicuramente tutto giusto quello che scrive sulle batterie e i ripartitori, però io ho scelto una strada diversa e fondamentalmente più semplice che è la seguente:
2 Batterie in tutto, una da 70A/h per l'avviamento e una da 100 per i servizi
Batterie normalissime da auto, unica concessione, quelle senza manutenzione e di marca (che non è una garanzia, ma tant'è..)

Sarà una eresia ma non monto nessun commutatore, una batteria resta per il motore e l'altra per i servizi.
(al massimo mi porto una coppia di cavi per avviamento) Piastra a diodi come ripartitore,
e vediamo cosa succede....
Le motivazioni di queste scelte sono:
Batterie normali perchè meno costose, meno delicate, meno pesanti, meno ingombranti.
Perdono liquido se coricate a 90°?  pazienza quando avrò la barca a 90 gradi avrò altro a cui pensare.... (comunque ho messo le batterie in "scatola" di legno stagna)
Nessun commutatore perchè complicano la vita, e sono rischiosi.
Se il motore parte parte e la batteria sarà sempre carica, se non parte non parte, meglio riparare il motore che scaricare un'altra batteria
Per quanto riguarda i servizi, se la batteria si sta scaricando, meglio spegnere le utenze che ciucciare la batteria del motore, che è sempre prioritaria, mentre nessuna utenza è irrinunciabile.

Piastra a diodi perchè economica, di facile realizzazione e/o riparazione in qualsiasi situazione.
Non per ultimo,  con gli strumenti digitali, amperometro e voltmetro, potrò valutare quando è ora di caricare,  evitando cosi l'unico vero rischio che si corre con le batterie (di ogni tipo) che è la scarica profonda, o comunque critica per ciascun tipo di batteria.

Sicuramente motivazioni discutibili, ma voglio provare in barca ciò che sul camper ha egregiamente funzionato per 5 anni prima di sostituire le batterie.
Vi farò sapere....  ciao a tutti  Francesco C.

R Condivido le tue motivazioni.
Perche?
Perche' tu ti sei posto dei problemi , ci hai pensato su, ti sei documentato, hai capito come funzionano i dispositivi che hai acquistato, li hai montati personalmente in barca e quindi sei in grado di gestire nel migliore dei modi ogni situazione possibile.
In tale caso le soluzioni piu' semplici sono sicuramente da preferire......

Se ti si scarica la batteria del motore, tu sei in grado si spostare in pochi minuti i morsetti sull'altra, o scambiare le batterie, o collegare i cavi per metterle in parallelo. Hai la strumentazione per valutare lo stato di carica delle batterie e le conoscenze per prendere le decisioni piu' opportune.

Ma chi non ha queste capacita'conoscenze?

Innanzitutto dovrebbe cercare di documentarsi (e io cerco di dare una mano dove posso) e cercare di capire come e' fatto l'impianto della propria barca, poi sicuramente soluzioni "automatiche" tolgono alcune preoccupazioni e possibilita' di errore....

Poi c'e' il fatto che in alcuni casi non e' possibile modificare l'impianto esistente del motore (come accennavo in una mia precedente mail) per problemi assicurativi o di garanzia.

Solo una nota : ti consiglio di montare uno staccabatteria per ogni batteria, molto utile per la sicurezza, specie in caso di incendio o di cortocircuito che puo' causare un incendio.
BV  Franco

R certamente ci sono gli staccabattereia, mi ero dimenticato di elencarli.
Questi si che sono dispositivi indispensabili, anzi a dire il vero ho installato anche un fusibile da 100A ritardato sulla batteria del motore (hai visto mai che vada in corto il motore?!...non si sa mai) e uno da 40A per la linea batteria servizi. Francesco C.
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Un quesito:
Un  interruttore magnetotermico per la corrente alternata funziona ugualmente per la continua?
Io ne ho installato uno normale come interuttore generale del quadro elettrico e, interpellando gli esperti, ho rivevuto risposte diametralmente  opposte, chi diceva che non vanno bene, chi diceva che invece intervengono ugualmente.
L'ho comunque montato, considerando che ogni linea è protetta dal suo fusibile, al massimo ottengo la funzione solo di interruttore...ma il dubbio mi è rimasto.
ciao a tutti  Francesco

R Si, non dovrebebro esserci problemi.
A naso direi che potrebbe essere leggermente diversa la soglia di intervento del magnetico, ma ammesso che esista una differenza dovrebbe essere molto piccola.
Il magnetotermico e' un dispositivo molto buono per la protezione dei circuiti, in quanto sfrutta due effetti distinti:
Il "termico" e' formato da una resistenza che si riscalda col passaggio della corrente. Questa resistenza di solito e' formata da un sistema con due metalli diversi , in modo che con la dilatazione termica diversa dei due metalli si forma una forza meccanica che causa lo sgancio del dispositivo.
La termica e' l'ideale per la protezione di motori o carichi che abbiano un assorbimento impulsivo molto alto (come appunto un motore nel momento dell'accensione) in quanto non ha una azione istantanea, ma ritardata del tempo necessario al riscaldamento del bimetallo, quindi anche diversi secondi.
Il magnetico invece e' formato da una bobina, diciamo una elettrocalamita che attira un piccolo cuneo di metallo che va a far scattare il meccanismo di apertura quando la corrente supera una certa intensita'.
L'intervento di questo dispositivo e' molto rapido, praticamente istantaneo, percio' molto adatto alla protezione da cortocircuiti in modo da prevenitre possibilita' di incendio dovute al riscaldamento di giunzioni o cavi.

L'accoppiamento dei due e' ottenuto tarando la termica al valore nominale  es. Magnetotermico da 10A : stacca se la corrente resta a 10,1 A per almeno qualche secondo) e il magnetico ad un valore piu' elevato che adesso non ricordo, diciamo indicativamente 1,5 volte la corrente nominale (quindi il magnetico salta ad esempio non appena la corrente supera i 15 A. Un corto circuito fa passare di solito una corrente anche di 10 volte o piu' quella nominale)

In questo modo si protegge dai sovraccarichi limitati ma duraturi, si permette l'avviamento di motori elettrici, si protegge dai corto-circuiti in maniera istantanea, e si puo' ripristinare il collegamento semplicemente azionando una levetta.

Unica controindicazione: il costo .....  e qualche precauzione di installazione e manutenzione per l'ambiente marino.....
BV  Franco
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I Norwalk Island sharpies, disegnati da Kirby, sono zavorrati? Si possono cioè considerare Blu water boats?
O sono utilizzabili solo in acque protette?
Immagino che sia una questione di dimensioni, ma mi piacerebbe sapere il rapporto zavorra/peso complessivo, ad esempio.
Qualcuno mi può dare impressioni dirette di navigazione?
Grazie Walter
R Lo sharpie nasce nel New Haven (US) intorno alla netà del 1800 come barca per ostriche, con caratteristiche per adattarsi facilmente a zone di acque basse e litorali sabbiosi (fondo piatto, timone e deriva abbattibili).
Lo sharpie non prevede zavorra  perchè non si prende in considerazione la stabilità di peso - la deriva ha funzioni idrodinamiche e ,in origine, veniva usata integralmente abbassata solo per la bolina, al 25-35% per il traverso e rialzata per le andature portanti.(cfr H.I.Chapelle)
Sono barche a fondo piatto e di solito (oltre i 20') con armo frazionato per tenere basso il centro velico.

Per le doti marine, la piacevolezza dell'aspetto e non ultima l'economicità della costruzione, il modello è sopravvissuto all'estinzione delle barche a vela  da lavoro e ha trovato una seconda giovinezza nel diporto.

> Si possono cioè considerare Blu water boats?
R Bisogna capirsi: se per sharpie intendiamo una barca con le caratteristiche tradizionali dello sharpie, direi di no.
Se invece parliamo di qualche barca con forme che si ispirano a quelle degli sharpie ma poi hanno caratteristiche diverse per peso, invelatura, e magari zavorra, beh, in tal caso bisognerebbe vedere progetto per progetto.
Kirby ha disegnato un 31' con le caratteristiche della barca d'altura rinunciando a qualche peculiarità dello sharpie come il fondo piatto e lo spigolo vivo. Non mi risultano ce ne siano in Italia.
Di 23' e 26' (che è sicuramente il più riuscito della serie) ce ne dovrebbero essere alcuni esemplari in Italia, quasi sicuramente uno dalle parti di Pescara.

E' chiaro che quando parliamo di blu water ship, parliamo di barche appositamente progettate per quella destinazione. Che taluni attraversano l'atlantico con canoa a remi o con un H.C.21 o con una volkswagen è un'altra cosa. In tal caso è probabile che  uno sharpie possa fare bella figura.
 Saluti e BV - Luigi

R Io ho acquistato  dal distributore italiano i piani dei NIS 18 e 23, che poi ho abbandonato per la costruzione di un piccolo tri. Tra un paio di giorni sarò in grado di risponderti esaurientemente. Nel frattempo  ti anticipo di avere visto navigare un 23, un 26 e all'ormeggio un 29- laguna di Venezia, Pesaro e Pescara-. A mio modo di vedere si tratta di barche che danno emozioni estetiche, sono facilmente costruibili, carrellabili e velocissime. Per contro, hanno interni un po' risicati, soffrono  il mare e danno il meglio di sè in acque  protette
A presto -  Mario
in attesa di fornire agli interessati, per motivi di informazione e studio, i piani dei NIS 18 e 23, ti anticipo che il rapporto dislocamento/ zavorra previsto da Kirby supera generalmente il 40%- che peraltro non consente a queste barche di poter essere definite blue water boats-. La maggiore che io ho visto, il 29,  ha l'albero di maestra di 14 m. (fa paura), è relativamente stretta e, nonostante l'aumento di zavorra messo in opera dall'armatore, dà l'impressione di essere barca nervosa, che perdona poco e che richiede un manico da buon derivista. Se dovessi scegliere, opterei per il 23, generalmente equilibrato, con evidenti limiti correlati alla dimensione e che quindi non induce a impressioni di eccessiva sicurezza.Ed è anche il più bello del mazzo. (Mario)
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Ian Farrier sta raccogliendo informazioni per vedere se c'è interesse per un trimarano di 22'
http://www.f-boat.com/forms/affordabletri.php

se siete interessati fornite i vostri dati.

*********
per la cronaca:

Ian Farrier dice:
"This would be a light weight, roomy, and low cost trailerable
trimaran to be called the F-22."
( questo sarà un trimarano carrellabile di peso leggero, spazioso e di basso costo e sarà chiamato F-22)

subito S.(starcrew@usa.net) ha obiettato:
-" Per l'equazione di Newick per cui si può avere solo due caratteristiche delle tre (velocità, prezzo, abitabilità) l'F22 sarà un trimarano lento.
(sto ancora cercando uno capace a costruire un Tremolino in sandwich di schiuma e carbonio per meno di 800 libbre/360Kg)"

Ian Farrier ha risposto :
-" Non ho mai creduto a regole che affermano che una cosa non può essere fatta"

il dibattito è aperto e continua...
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Nel progetto che ho per le mani per il futuro (al momento ancora solo nei sogni) catamarano  (progetto di Richard Woods, cat. "Quattro 16") mi viene indicato di usare il legno "W.B.P. exterior gaboon ply". Qualcuno mi sa dire come si chiama questo tipo di compensato in italiano?
Andrea.

gaboon dovrebbe stare per okoumé e quindi fa riferimento al pialliccio esterno del compensato. per W.B.P. non saprei.
WBP potrebbe essere una definizione commerciale di compensato usata in GB come AAA in Usa.
Piuttosto che illazioni (fantasiose) meglio una mail a Wood
Luigi

volevo solo dire che ho trovato spiegazione al quesito, leggendo una nota di Richard Woods compresa nei piani dello Stealth e la cito di seguito:
"Gaboon ply is also known as Okume and is the lightest ply available for boat building, so is recommended. But if not available then "far Eastern" ply is an alternative. Plywood should be at least "Wheather and Boilproof" (WBP) as this means it is made using a waterproof glue. Of course, "proper" marine plywood is best. Try to get ply that has three equal thickness veneers as this is stiffer and stronger."
Nelle sue parole intravedo l'opportunità di usare il CP (termine francese per indicare il Compensato, per cui ply e CP sono equivalenti, per coloro che si trovassero testi o piani francesi ) marino, ma la necessità di usare almeno quello fenolico, cioè in cui i fogli sono incollati con colla fenolica. La successiva raccomandazione è di usare almeno il tre strati,
perchè rigido e forte (resistente). Ricordo che il CP si differenzia in Marino e Fenolico, per ognuno dei quali sarà disponibile il 3 o il 5 strati, a parità di spessore. Più aumentano gli strati, più aumenta la resistenza e la rigidità, tutte cose che non possono che far bene alle nostre creature.
Ciao da Walter

Comunque: il WBP significa Water Boil Proof. Il compensato marino standard BS 1088 (british standard 1088) comporta infatti che il legno non abbia vuoti negli strati interni, questi non siano sovrapposti, gli starti siano dispari ed equivalenti in spessore tranne le facce etc.
Come prove di resistenza viene bollito e seccato a cicli alterni per diverse ore e non deve presentare delaminazioni.
Il WBP è testato solo a bollitura.
In Francia si chiama anche CBEX (contre plaqué extérieur) per esterni
Per mia esperienza, se è francese o israeliano è eccellente  con tutte le qualità di cui sopra, anche se gli spessori non sono realmente metrici (il 4 mm è 4,2, il 6 è giusto) perché frazioni di pollice.

Se si vuole renderlo quasi eterno (l'okumé è poco resistente a decomposizione da funghi e muffe) si può impregnarlo con epoxy prima dei montaggi ed in piano..
Il modo migliore: riscaldarlo al sole o con lampade infrarosso, spegnere le lampade ( o metterlo all'ombra) e di fretta ricoprire le parti scaldate con epoxy diluita 20% con acetone. L'aria nei pori, dilatata, si contrae e succhia la resina come se fosse un sotto vuoto di media intensità.
Quando la superficie è ancora molle ma non appiccicosa al tatto, si passa un'altra mano tirando bene non diluita. Si lascia asciugare sempre all'ombra e in piano. Così non c'è nemmeno bisogno di scartavetrare e vengono superfici liscissime.
 Lasciate spazio per gli incollaggi e le strisce di tessuto dove necessario.
 Bye, Stefano
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Una cosa che mi ha incuriosito, la rivolgo a tutti: leggendo il "reportage" sulla sfida dei pezzenti (il prox anno mi piacerebbe parteciparvi) ho letto che alcuni hanno usato "compensato fenolico da imballaggio", ma lo si deve comperare in un magazzino di legnami o lo si trova a "costo zero" da qualche parte, che ne so, in qualche discarica o simile??
Andrea.
Ciao Andrea, ho utilizzato il compensato per imballaggi in douglas, per motivoi di budget imposti dalla sfida dei pezzenti, ma è pesante, abbastanza resinoso (la vetroresina attacca meno che sull'okumè, che è estremamente adatto all'impregnazione) e di brutto aspetto (pieno di nodi ed imperfezioni) quindi riserva questo tipo di legno esclusivamente per la
sfida se parteciperai.
Dello spessore di 5 mm mi è costato 30.000 lire al foglio di 125x255 cm.
Riguardo alle discariche in teoria puoi trovare tutto, resta da vedere quanto tempo puoi dedicare a rovistare tra le macerie...
comunque di solito si trova sotto forma di casse sfasciate, sono quelle che di solito hanno gli spigoli rinforzati da lamiera sottile, il compensato fenolico si riconosce guardando il taglio, tra uno strato e l'altro la colla è di colore rosso scuro, mentre nel compensato vinilico è bianca, (ci sono anche colle bianche marine, ma di solito è così, se è rossa ok, altrimenti ko)
Alessandro.
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che mi dite delle seguenti barche
Weekender
Vacationer
Spray22
Qualcuno ha i piani? Come sono?  Che ne pensate?  Sergio

Me li devo guardare per bene e cercare un pò di letteratura però a occhio mi pare che cerchiamo di paragonare mele con zucchine
cioé sono barche abbastanza diverse:
-lo spray22 mi sembra una costruzione ben impegnativa per lavoro e anche più costosa
-quelle di Stevenson sono molto semplici
-però lo Spary potrebbe avere doti marine e robustezza che le altre se le sognano...

a questo punto tu devi valutare bene le tue possibilità e capacità - Luigi

> Infatti mi rendo conto... lo spray mi tenta da morire... tu dici
> difficile... mi pare ne esista anche una versione a spigolo, adesso non
> strocere il naso, ;-)
Giammai io storcere naso

> Uno spigolo a 5 lati non è poi bruttissimo.
No, ha una barca a 5 spigoli si avvicina molto per sviluppo delle superfici a quella della carena tonda e spesso le barche a spigolo sono più stabili di quelle a carena tonda.
Poi gli spigoli possono essere anche stondati. Oltretutto la barca a spigolo "si sente" meglio sotto sbandamento..

Considera la difficoltà della costruzione. Queste sono valutazioni molto personali.
Non mi riferisco alle capacità acquisite per precedenti costruzioni - altrimenti non staremmo qui a parlare tra autocostruttori (ma eventualmente tra maestri d'ascia).
La valutazione che suggerisco - a te ma vale per tutti (me compreso)- è quella di quanto sono in grado di apprendere e mettere a frutto.
Mi spiego meglio:
- ci sono cristiani che messi di fronte a qualche fatto nuovo (di qualunque genere) vanno in crisi, si perdono, non riescono a superare l'ostacolo
- ci sono altri cristiani che in una situazione regolare, codificata e scorrevole si annoiano, perdono interesse e per leggerezza commettono errori su errori.
Tra queste due categorie, ovviamente, ci sono un'infinità di figure intermedie ma mi sembra che  le categorie fondamentali sono queste
Fai un esame di coscienza.

Personalmente sono a favore dell'osare ma mi rendo conto che i garage italiani sono pieni di barche lasciate a metà.. Kia Hora - Luigi.S

Già... è la cosa più difficile... ci sono lavori che ho portato alla fine anche a costo di impazzire e "cose" che ho abbandonato allo stato
embrionale... che cosà succederà alla barca?

Personalmente credo che facile o difficile, se veramente sono "destinato" a costruirla la costruirò!
Allora perchè non un modello che possa effettivamente poi dare delle soddisfazioni?

Il Vacationeer che mi sembra abbastanza semplice, non mi pare però una barca "marina". Lo Spray è sicuramente più adatto!
Quando si dice che è impegnativo a che cosa ci si riferisce? Forme difficili da ottenere? Precisione nelle misure? Quantità di particolari?
Sergio

Ciao Sergio,
Vedo che non ostante il tempo passi, la voglia non molla! Allora, visto che vuoi aggiungerti alla lista dei "grulli" ti darò qualche dritta (spero!).
Sono in effetti rimasto colpito dalle barche di cui parli e ne ho dedotto che le tue scelte in questo momento potrebbero essere più basate sull'istinto piuttosto che sulla razionalità ed io che sono un profondo sostenitore di entrambi, mi sono detto che forse potevamo fare insieme alcune considerazioni, magari sviluppando anche un metodo che possa essere arricchito  successivamente con l'intervento di tutti.
Analizziamo: vuoi costruirti una barca, ok, ma per farne cosa?
A) vuoi andare in giro con la famiglia?
B) vuoi andare in famiglia ma non disdegnare gli ingaggi?
C) vuoi uscire da solo, o con un amico appeso al trapezio e planare tra due baffi di prua e non disdegni la scuffia?
La stessa barca non ti darà tutto: alla prima domanda risponderà una barca sicura, zavorrata, che non ti lasci a piedi in un temporale; alla seconda risponderà una barca più invelata rispetto alla prima, ma con ancora buoni margini di sicurezza e un po' di regolazioni in più.
La terza può essere da un 470, ad ULDB, un 49er o più semplicemente, si fa per dire, un Moth (vero Mario?).
In ognuna di queste categorie, esistono poi altre segmentazioni: la barca deve essere boliniera? Deve cioè risalire più che planare? Deve essere comoda e permettere di ripararsi in quattro dalla pioggia con un minimo di spazio? Deve essere sicura con ogni tempo? Deve portare un po' di carico o no? Diciamo 20 litri di acqua potabile e 20 kg di cibo perchè vuoi girare l'Elba? Decidi!
Certamente quelle che hai preso in cosiderazione sono molto diverse l'una dall'altra, perche' credo che le prime due non siano zavorrate, quindi siano poco più che derive, in cui conta molto il manico e il peso della "ciccia" dell'equipaggio, cose che non garantiscono dalla scuffia.
Diverso è lo Spray 22, che risulta essere addirittura super pesante (che non guasta) ma sarà inevitabilmente più lento di altre della stessa dimensione; tuttavia ti permetterà diandare in spazi aperti, anche se la legge non lo consente, caricando provviste per buoni periodi. E' questo che vuoi?
Armo velico: in tutte le barche esaminate l'armo è aurico, randona con picco: attenzione, la bolina si fa con piani velici allungati; cioè, ci deve essere un certo rapporto fra altezza e base delle vele e più è alto, più è buona la bolina (legge idro/aerodinamica).  Ti interessa?Ne vuoi parlare? E lo spinnaker dove lo metti?
La barca poi deve essere comoda, se cabinato, ma deve essere equilibrata, l'opera morta non si deve opporre al vento, oppure quando ci sono 20 nodi preferisci stare in banchina? Son barche diverse...
Per aiutarti ho sviluppato uno schema molto semplice che ti permetterà di confrontarle, basato sulla applicazione di un piccolo foglio di calcolo: CANTIERINO, se iniziassimo da qui a fare un po' di aggiornamento reciproco? Vedo che le risorse personali non mancano....
Ti spedisco anche due skemi tratti da un paio di libri, che ti serviranno per capire meglio le sigle usate.
Se ne vuoi parlare scrivimi, potrei anche farti vedere il progetto di una barca di 6 metri realizzata più di dieci anni fa.
A presto, Walter
PS. peccato non considerare il VAGABOND PLUS( http://www.bateau.com/plans/sail/VG20.php3), bella, sicura, boliniera e vivibile, visibile su il CANTIERINO, dove potrai trovare il link: l'ho usata più volte, anche per tour di qualche giorno e ti posso solo parlare bene. Oltre tutto è anche costruibile con una tecnica facile e il progetto costa poco. Ti basti sapere che il progettista navigava sulla Manica con forza 6/7. Un suo fratello maggiore (solo 30 cm) partecipava alle Transat...Dagli un occhio! - Walter
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> Sono alla ricerca di piani di costruzione per una barca aperta di 6 metri a spigolo da costruire in compensato marino, qualcuno mi può aiutare? siti ?
> Grazie
Ricevo spesso richieste di questi tipo, alcune sono anche pubblicate nelle pagine di annunci.
Vorrei fare un pò di chiarezza.
Ci sono due elementi di confusione che secondo me vanno messi a fuoco onde evitare l’ingenerarsi di confusione
Uno concerne i piani usati.
Mi rivolgo a te e a tutti gli aspiranti autocostruttori: comprate piani originali. Per alcuni motivi: Un set di piani per autocostruzione di solito costa abbastanza poco. Sono denari che rimborsano spesso anni di studi e continui aggiornamenti. Senza aprire una troppo generale discussione sulla proprietà intellettuale possiamo dire che il settore navale è sano e non ci sono posizioni di monopolio/egemonia intellettuale ecc che giustifichino scappatoie (Forse per i CD o per gli orologi o un paio di pantaloni ecc non farei lo stesso discorso..). Oltretutto comprando piani originali acquisite il diritto (morale) di chiedere spiegazioni al progettista, che non è poco. I piani originali sono sempre aggiornati e l’aggiornamento è importante: nasce da continuo feedback con gli utilizzatori e spesso serve a correggere errori o inesattezze.

L’altro elemento da mettere a fuoco è la tipologia di barca da autocostruire.
Su che tipo di barca voglio navigare?
Sono in grado di portare a termine questa costruzione?
Quanto questo progetto risponde alle mie necessità?
Quanto questo progetto ha raggiunto le finalità che si prefiggeva? (cioè : è un progetto riuscito?)

Alcune di queste domande esigono una attenta riflessione sulle proprie necessità e possibilità.
Per rispondere alle altre invece è necessario conoscere un pò le barche quel tanto che basta per capirle un pò. Sarebbe anche molto importante parlare con qualcuno che l’ha costruita e magari ci naviga.

Tornando alla domanda iniziale e cioè “una barca aperta di 6m” questa potrebbe essere una bella derivona da passeggio o un nervoso cavallo di razza. Si può incontrare una costruzione semplice del tipo “cuci & incolla” o essere costretti a costruire uno stampo a perdere molto complesso .
Potresti avere una bella barca a fondo piatto, ideale per un fiume dal corso tranquillo ma decisamente ingovernabile su un’onda corta e dura come si trova spesso in Adriatico.
Potremmo andare avanti parecchio. Queste parole non vogliono portarti a rinunciare al tuo progetto: semmai il contrario e cioè spingendoti ad approfondire la materia trovare la costruzione più adatta dalla quale trovare tutte le soddisfazioni possibili sia nella costruzione che nella navigazione.

Come approfondire?
L’argomento della barca ideale è quello che di solito domina le riviste nautiche.
Poi ci sono molti libri sull’argomento (molti titoli li puoi trovare alla pag.Biblioteca).
Qualcosa puoi trovare anche fra le pagine del ns. sito e specialmente nel FORUM e molto lo puoi ottenere parlandone con altri autocostruttori che solitamente sono ben felici di farlo. La mailing-list di Cantierino serve anche a questo e le discussioni su progetti di barche sono all’ordine del giorno.
Alcuni amici  stanno preparando un database con le caratteristiche salienti di molti progetti per l’autocostruzione ma non è un lavoro semplice e credo ci vorrà un pò di tempo.
Nel frattempo che entra in funzione questo database puoi consultare quello di Duckwoks all’url http://www.duckworksmagazine.com/boatindex/index.htm che è suddiviso per tipologie di barche e ordinato per lunghezza ft ma che inevitabilmente si riferisce a quasi esclusivamente a progetti di origine americana/inglese.
Spero di non averti eccessivamente “intossicato”  con tutte queste chiacchiere.
Io e gli altri amici in lista saremo ben felici di poter rispondere (per quanto possiamo) alle tue future domande.(webmaster)
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Non riuscendo a capire le norme, ho provato (il 4/5/2001) ad inviare un e-mail al Ministero. Mi hanno risposto!!! (Novembre 2001)
Il mio quesito:

Il nodo che non riesco a sciogliere (dopo aver letto e riletto i testi di legge, e dopo aver inutilmente consultato libri, riviste e siti Internet di vario tipo) riguarda l'abilitazione dei natanti con marcatura CE.
Provo a riepilogare brevemente:

a) Il decreto legislativo 436/96, nel testo originale dell'art. 12, definiva le seguenti specie di navigazione:
- imbarcazioni:
A: senza limiti;
B:entro 25 miglia;
C: entro 3 miglia;
D: acque interne; -
natanti:
A e B: 12 miglia;
C: 3 miglia;
D: acque interne.
b) La legge 413/98, come chiarito anche da una Vs. Circolare del 1/12/2000, ha riconosciuto che si trattava di un errore, in quanto la direttiva europea 94/25/CE impone criteri basati solo sulle condizioni del vento e del mare, non anche sulla distanza dalla costa; in particolare, anche nel caso della categoria C, definita "in prossimita' della costa", non e' possibile quantificare una distanza limite; l'art. 12 del d.l. 436/96 e' stato quindi modificato come segue:
- imbarcazioni:
A: senza limiti;
B: vento fino a forza 8, onde fino a 4 metri;
C: vento fino a forza 6, onde fino a 2 metri;
D: vento fino a forza 4, onde fino a 0,5 metri;
- natanti:
A e B: 12 miglia;
C e D: "nei limiti stabiliti dalla categoria di appartenenza".
I miei dubbi:
1) Se e' un errore imporre una distanza massima dalla costa, il limite di 12 miglia per i natanti A e B puo' essere giustificato solo perche' i natanti -- essendo privi di identita' (numero di immatricolazione) e di nazionalita' (non mostrano la bandiera italiana) -- non possono navigare fuori delle acque territoriali.
Ha senso una tale interpretazione?
2) Il quarto comma dell'art. 12 si riferisce alle unita' "appartenenti alle categorie di progettazione C e D" e "rientranti nella categoria dei natanti"; la "categoria di appartenenza" e' quindi C o D, non quella dei natanti in cui tali unita' "rientrano"; ne segue che per i natanti C e D non dovrebbe esservi neppure il limite delle 12 miglia! La conclusione e' ovviamente assurda, ma mi pare ugualmente assurdo imporre una distanza limite dalla costa di 3 miglia (giustamente cassato) o di 6 miglia (secondo quella che mi pare la prevalente interpretazione della norma).
Per quanto riesco a capire, il terzo ed il quarto comma dell'art. 12 dovrebbero essere unificati in un unico comma del seguente tenore: "Le unita' rientranti nella categoria dei natanti di cui all'art. 13 della legge sulla nautica da diporto sono abilitate a navigare, nei limiti stabiliti dalla categoria di progettazione, solo nell'ambito delle acque territoriali".
La risposta:

Si premette che l'art. 12 del D. Leg. 436/96, così come da ultimo modificato, quando parla delle unità marcate rientranti nella categoria dei natanti, intende  riferirsi al loro inquadramento giuridico, cioè al fatto che non sono soggette ad immatricolazione in virtù delle loro caratteristiche tecniche (lunghezza f.t. inferiore a 7,5 metri se a motore o a 10 metri se a vela ), e non alla categoria di progettazione.
Le ricordiamo che per la legge nazionale sulla nautica da diporto L. 50/71 il natante è autorizzato a navigare fino a sei miglia dalla costa in genere o sino alle 12 miglia se in possesso dei requisiti di idoneità attestati da apposita certificazione rilasciata da un ente tecnico.
Il limite massimo stabilito per i natanti in 12 miglia coincide, come da lei ricordato, con il limite delle acque territoriali, in considerazione del fatto che il natante non possiede nessun elemento di individuazione della nazionalità o provenienza.
In effetti è corretto che la navigazione per i natanti di categoria C possa essere effettuata fino al limite delle 12 miglia, sempre nel rispetto delle condizioni meteomarine previste per quella categoria di progettazione.
Che la categoria C abbia lo stesso limite massimo di navigazione (12 miglia) previsto per le categorie maggiori A e B, pare a prima vista contraddittorio, ma non lo è se solo si pensa che alle unità di categoria A e B è consentito raggiungere il limite delle 12 miglia in condizioni meteorologiche più avverse.
Diverso è il caso delle Categorie D che per definizione possono navigare solo in acque  "ristrette". Per ulteriori informazioni contattare navig3@trasportinavigazione.it

Credo opportuno aggiungere che "entro le acque territoriali" (espressione che avevo proposto io ma che - a quanto mi risulta - non compare in alcun provvedimento relativo alla nautica da diporto) non vuol dire che non si puo' navigare nelle acque di altri paesi; si deve intendere che i natanti, in quanto privi di identita' e di nazionalita', non possono navigare in acque internazionali. Almeno cosi' ragiono io :-)

BV- Sergio

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ciao a tutti sono Rudi da Pescara, ho già cominciato a costruire il mio 10' ma oltre sto facendo anche una un metro tutto  su progetti tratti da internet molto dettagliati. ma voglio verificare la posizione dell'albero e della deriva su entrambi. Cosa devo e come posso fare?
Da ora grazie a tutti per i suggerimenti.

Dimenticavo di dirVi che il metro è un r/c mentre quell'altra (10') è per la fam.
Di nuovo grazie e BV
Rudi

Salve
eccomi pronto a soddisfare le richieste di Rudi:
Argomento: qual è la relazione fra CV (centro velico) e CD (centro di deriva).

Do' per scontato che tutti sappiano come ricavare un CV, in caso contrario ne possiamo parlare la prossima volta; lo stesso per il CD.
Come mostrato nella figura "orza-poggia" (fig. 1), se il CV è a prua di CD, la barca ha tendenza poggera, a patto che lo scafo interagisca con il mare in modo simmetrico, ovvero che la spinta al galleggiamento è equamente ripartita, simmetrica.
Analogamente, il CV a poppavia del CD dovrebbe dare una spinta all'orza (scafo orziero), sempre a scafo simmetrico. Se CD e CV sono sovrapposti, allora la tendenza è neutra.
Come si mostra in figura "asimmetria" (fig. 2) in realta' le barche sbandano, sotto effettpo del vento; più si inclinano, più mostrano uno scafo asimmetrico, con tanto volume a poppa e entrate fini a prua. Il risultato è una spinta al galleggiamento asimmetrica, con tendenza orziera, perdita di efficenza di timone e deriva centrali, per effetto di cavitazione.
I progettisti quindi avanzano il CV verso pruanella misura riportata sotto, secondo un "avanzo" che è definito come " distanza di CV (portato verso prua) da CD, espressa come percentuale della lunghezza al galleggiamento". Esempio: per una barca di 600 cm al agalleggiamento, un avanzo del 10% è pari a 60 cm; cioè il CV viene portato a prua di 60 cm rispetto al CV.
Da pag. 267 del "Lodigiani, capire e progettare le barche..."si ricava la seguente tabella:
 
Per derive leggere  armo cat  avanzo pari a 2% - 4%
sloop 6%   8%
barche a chiglia non pontate  sloop  6% - 8%
Cabinati  sloop  13% -  17%
ketch  11% - 14%
multiscafi  0 - 3%

Ci si chiederà il perchè di queste differenze:
si dovrà allora discutere della maggior efficenza dei timoni sottovento, più corti, ma sempre immersi e in grado di compensare la spinta orziera dello scafo asimmetrico.
Tutto quello che non c'è non si rompe, sono il primo a riconoscerlo, ma il timone decentrato, sottovento funziona sempre meglio di quello centrale.
Tutto chiaro? fatemi sapere...
Ciao Walter
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Mi è successo che mettendo normalmente in moto  invece del normale "brum bruuum" del motore si sente un chiarissimo "click!" senza nessun altro effetto apparente. Niente brum brum, nessun evidente calo di corrente nelle batterie (le luci eventualmente accese non fanno un plisse'), solo un preoccupante silenzio. Un tentativo
successivo di solito fa accendere il motore regolarmente.

Se le luci non si abbassano "potremmo" escludere la batteria o un suo  polo lento o lo stacca batterie...(ma io ugualmente proverei con un tester il voltaggio sulla batteria nel momento del CliCk e pure la massa sul motore che potrebbe sopportare i 50A della ricarica non le centinaia di A in avviamento.

Per proseguire ti descrivo l'oggetto in conquibus

I motorini da avviamento sono così costituiti.
teleruttore. (quel cilindro solidale con il morino, evidente ed attaccato al suo fianco) ad esso giungono due cavi:
cavo grosso avviamento, e cavo piccolo di eccitazione dalla chiave.
All'eccitazione scatta un magnete che chiude il contatto del cavo grosso verso le spazzole.(si nota sul teleruttore un altro grosso cavo che entra nella carcassa e che va alle spazzole)
spazzole  queste sono in appoggio sull'indotto, e fanno da pattini sui contatti.
indotto Questo è l'albero del motore, ha una pista di tanti contatti (collettore) ognuno collegato al proprio avvolgimento che chiude il circuito verso massa per contatto sulle boccole della carcassa. .
carcassa l'involucro
il calettamento pignone (frizione) dispositivo che serve a innestare la corona del volano motore e permettere la rotazione, solo nel momento in cui il motorino gira in un dato senso e ad una velocità maggiore a quella del motore. E' naturalmente montato sull'indotto.

Diagnostichiamo!
Se escludiamo il problema della massa motore e della batteria, procediamo così:
potrebbe esserci poca tensione sul cavo di eccitazione: si prova il voltaggio su questo, a volte la spina ossidata o il cavo schiacciato o troppo vecchio o addirittura il contatto chiave, creano cadute
di tensione. (Per saper e se il problema sia nel blocco chiave la stessa prova va fatta sullo stesso cavo ma dal lato blocchetto chiave).
Se qui tutto ok allora passiamo al secondo passo.
dato che il teleruttore funziona come elettromagnete,  il clicK è un sintoimo di buon funzionamento del dispositivo elettromagnetico. Però potrebbe non funzionare come interruttore relè e non chiudere il grosso contatto del cavo grosso non generando l'avviamento al motorino.

Si può verificare questo contatto in due modi:
a) verificando la tensione sul cavo che dal telerurrore che va dentro la carcassa. Se all'eccitazione della chiave c'è tensione su questo cavo, allora l'interruttore relè funziona.
b) facendo un ponte con un cavo grosso (da avviamento vetture con coccodrillo) fra il dado a cui arriva il cavo esterno avviamento e quello da cui parte il cavo che finisce all'interno.(attenzione a non toccare la carcassa). In questo modo si esegue un avviamento bypassando tutto l'impianto chiave e teleruttore.
Se il motore parte con questo artifizio e non sotto chiave significa che il problema non è nel motorino ma nel teleruttore.
Facciamo un altro passo avanti
A questo punto la chiusura del circuito verso massa avviene attraverso le spazzole, poi l'indotto e poi di seguito attraverso la carcassa.
La corrente passa sulle spazzole, se queste sono consumate non ne passa molta e il motorino non spunta e si sente solo il clack dell'innesto dell'ingranaggio del pignone.
In questo caso, a seconda della resistenza del motore in quel momento(posizione a pms o pmi o in scarico o in aspirazione ecc), il motore potrebbe partire oppure no.
Dalle spazzole poi, la corrente entra nel collettore dell'indotto
Questo poptrebbe essere bruciato o interrotto su più contatti.
Sii manifesterebbe così lo stesso inconveniente, infatti a seconda che le spazzole siano in contatto su un pezzo dell'indotto isolato o no il motore funziona oppure no.

Dall'indotto la corrente segue la carcassa e scarica sul motore che poi scarica sulla masa e chiude il circuito in batteria, Controllare quindi che la carcassa non sia lenta, cioè il motorino di avviamento non serrato e mollo sul motore.

Rimedi rapidi:
se il problema si trova dalla chiave al teleruttore escluso...basta ponticellare il contatto di eccitazione del telerurrore con il dado del cavo avviamento, e broom...il motore parte.
se il problema è il teleruttore basta ponticellare i cavi grossi con un cavo grosso.
se il problema e sulle spazzole o sull'indotto, mentre qualcuno tiene girata la chiavetta, un'altro batte sul motorino di avviamentocon un manico di un martello. Le vibrazioni possono aiutare il cattivo contatto delle spazzole o di un indotto cotto.

se il problema è sull'indotto (interruzione di un conatto del colettore), prima di riprovare l'avviamento, si deve cercare di muovere l'albero motore a mano di almeno un quarto di giro.
Dato che quando si innesta, il pignone tende a ruotare in un certo modo l'indotto, facendo ruotare la corona del volano anche l'indotto si disporrà in modo diverso quando il pignone si innesterà.
Così il caso potrà volere che le spazzole trovino finalmente un contatto buono sull'indotto.
Mauro Fornasari http://www.maurofornasari.com/
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L'olio motore contiene elementi chimici che tendono a precipitare ed aggredire il metallo.
L'olio è costituito da elementi che consentono la lubrificazione ma che spesso sono nocivi e non buoni "conservanti".
L' olio contiene composti di zolfo, perchè sotto carico, si sviluppano microcombustioni che tendono ad espandere nel liquido ( a livello quasi microscopico) e non permettono l'incollaggio delle superfici che si premono le une contro le altre.
L'olio da differenziali, ad esempio, ha molto elevata questa caratteristica.
Quest'olio non lo troverete mai nelle scatole di cambi moderni, privi di coppie coniche e con spallamenti in bronzo, l'olio da cambi è diverso da quello da differenziali insomma.

Per queste caratteristiche degli olii, si indica di eseguire cambi periodici e non chilometrici, ove la percorrenza non sia elevata.

Riguardo al fatto se sia meglio cambiarlo prima o dopo la stagione?????

Meglio dopo, perchè il motore con il suo funzionamento produce anidridi solforose che possono intaccare il metallo e morchie che possono depositare e indurirsi nei condotti stretti.

Per chi fa due cambi.....(esagerato)....consiglierei di non utilizzerei i lubrificanti in offerta nei supermercati, purtroppo sopratutto quelli di alcune marche economiche e di marche "zorro", sono lubrificanti provenienti da reciclaggi e le basi usate sono ormai ...diciamo pure esaurite, e vengono rinnovate con additivi.
Ci sono pure marchi di prestigio che purtroppo usano in larga parte basi reciclate e che troviamo appunto in super offerte nei supermercati..
Se volete spendere meno mettetevi d'accordo con un amico che abbia una P.Iva e ordinate a qualche grosso distributore una latta da 18 kg, da 25kg o 50 kg, pagherete come al supermercato ma per olio di qualità, luubrificante che poi sarà ottimo anche per la vostra vettura.

Personalmente IO farei solo un cambio a fine stagione, mettendo in coppa un lubrificante con buona detergenza, farei almeno un ora di motore e poi lo toglierei subito, a motore caldo.
Verserei poi un olio di buona qualità, solo fino al minimo livello, integrandolo al livello  massimo solo con l'arrivo della nuova stagione.

ATTENZIONE........per coloro che hanno motori vecchi.....usare un lubrificante ad alta detergenza può significare trovarsi col motore senza compressione, quindi non fatelo.
Anzi in questo caso meglio eseguire pochi cambi olio e solo quando le ore di funzionamento lo prevedono.
Usando oli solo strettamente a base minerale.

Domani vi parlerò delle sigle.

Mauro Fornasari http://www.maurofornasari.com/
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I lubrificanti hanno delle specifiche, queste specifiche ne indicano la qualità per i due tipi diversi di cicli di funzionamento.

Dietro al lattina di un olio viene scritta una sigla: ad esempio  SJ-CF

Significa che questo lubrificante ha classe J per i motori a Scoppio (ciclo otto benzina) e classe F per motori diesel a Combustione.

Questa è una specifica INTERNAZIONALE fatta dalla API (non la casa petrolifera ma un istituto apposito).

Troveremo sull'etichetta delle altre sigle come ad esempio VW 501.01/505.00 che è una valutazione volkswagen o M.B. 226.1/228.1 che è una valutazione mercedes benz.

Mentre la API certifica la qualità, la mercedes e la volkswagen fanno delle valutazioni per verificare la compatibilità coi loro progetti.
Così la API ci dà un parametro oggettivo del valore del lubrificantre, le VW e le M.B. ce ne danno una referenza.

Se consideriamo che
A B C D E F G H I J L
sono le classi a crescere in qualità per l'olio potremo sapere, leggendo dietro l'etichetta e non davanti, se l'olio che acquistiamo è buono per diesel o benzina e quanto più di un altro dello stesso tipo.

Diciamo che è un po' come la DOCG dei vini.

Oggi un buon lubrificante per diesel si attesta oltre un CH e uno buono per benzina oltre SI.

Quando uscirono le prime turbine KKK e Garret che potevano essere montate su motori leggeri come quelli delle autovetture, le classi del miglior olio di qualità erano SE-CC.
Questa innovazione tecnologica, per le sollecitazioni e le temperature che si raggiungevano, obbligò le case petrolifere a raggiungere un livello SF-CD praticamente in tempi zero.
Fu questo un'impulso che spinse i lubrificanti a fare salti da gigante.
Rimane comunque assodato che un  lubrificante SE-CC veniva usato, fino a quel momento nelle vetture come le Alfa, BMW o Porche (motori di allora che sono paragonabili alla tecnoclogia dei motori di barche anche recenti).

A questo punto, per tutti coloro che hanno motori vecchi, di progettazione di "annata", risulta chiaro che spendere in lubrificanti da elevatissime prestazioni non ha senso.
Passi per un buovo volvo o Yhanmar da 56 cavalli del 2001, ma per un Buch o un Faryman di 10 o 20 anni con 9 o 18 cv non starei tanto a cercare il top dei lubrificanti.
Inoltre se su questi motori usassimo i nuovissimi mono o trisintetici, dopo che per anni si sono formate morchie con lubrificanti tradizionali, in poco tempo avremo seri problemi.

Tanto per darvi un esempio.
Quando uscì sul mercato il sint 2000, tutti i fanatici della 127 903cc (guida sportiva e grande arrampicatrice), pensarono bene di usare questo nuovo prodotto "sintetico" al primo cambio olio utile.
In quel periodo mio padre fece più bronzine che in tutta la sua vita "di glorioso artigiano dell' autovettura".
Infatti questo lubrificante era talmente fluido e detergente che puliva tutte quelle morchie che in un motore come il 903, (pronipote dei vecchi 750 fiat), servivano a mantenere compressioni e pressioni di banco.
Io che sono un "sotutto presuntuoso" non credetti a mio padre che mi aveva messo in guardia ...io avevo studiato come gli "ingegneri" eh eh....e così due giorni dopo il mio cambio di olio....ho passato qualche sera in officina a smontare albero motore e bielle.
A meno che non possediate un motore nuovo o uno vecchio completamente rifatto che siano di primo avviamento...non usate i lubrificanti strepitosi.

Mauro Fornasari http://www.maurofornasari.com/

Ecco un sunto rapidissimo sulle specifiche che puoi trovare oggi sulle etichette:

Troverai anche un'altra specifica, la ACEA (associazione Costruttori europei di automobili...però scrittain francese)

API
per motori benzina
SH 1992-1997 motori  del 96 e precedenti: obsoleta
SJ 1997-2001 motoro del 2001 e precedenti: in vigore
SL 2001 ad oggi tutti i motori in uso: in vigore

API
per motori diesel
CF4 1990 motori turbo progettazione USA
CF    1994 motori turbo (anche con carburanti con zolfo oltre il 5%)
CG   1994 motori turbo che rispettano standard emissioni 1994
CG4 1998 motori turbo che rispettano standard emissioni 1998
allego una tabellina che copio solo per te e il cantierino in

ACEA
benzina
A1-02 lubrificante a basso attrito per motori a basso consumo
A2 96 motori uso generale cambio olio normale
A3 -02motori alte prestazioni, cambio olio esteso
A5 -02 motori alte prestazioni a basso consumo, cambio olio esteso

diesel
B01 -02 motori a basso consumo, lubrificate basso attrito
B2-98 uso generale cambio olio normale
B3-98 motori prevalentemente ad iniezione indiretta, alte prestazioni, cambio esteso
B4-02 motori diesel ad iniezione diretta
B5-02 motori a basso consumo e alte prestazioni
 

MB trazione leggera
MB229.1 intervallo cambio olio fino a 15000km o 1 anno(ACEA A2/A3 B2/B3)
MB229.3 fuel economy(basso consumo) intervallo cambio olio 30/40000km o 2 anni
MB229.5 intevallo cambio olio fino a 50000km o 3 anni

trazione pesante (autocarri)
MB227.1 intevallo cambio olio 20000km
MB228.1 intevallo cambio olio 40000km
MB228.3 intevallo cambio olio 60000km
MB 228.5 intevallo cambio olio 90000km

la specifica VW è indicativa per i motori della casa e non è interessante a
livello generico.

posso poi aggiungerti, visto che siamo in approfondimento che esiste un ulteriore specifica, la leggo ora e non me la ricordavo: DHD-1 che trovi su barattoli che contengano lubrificanti che hanno soddisfatto assieme le tre seguenti specifiche:
Acea5
Api CH4
Jama DX (è una giapponese)

é la più nuova ed è dell'anno scorso.

Di più non serve
Mauro Fornasari http://www.maurofornasari.com/
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> Prima di tutto Buon Giorno,
> vorrei sapere se con una barca autocostruita si può "liberamente" navigare a vela e/o a motore senza prima aver fatto collaudare la barca.
> Altrimenti cosa bisogna fare?! Mi basta sapere dove trovare le informazioni.
> Ringrazio anticipatamente
>
>Pierluigi
>
Il fatto di essere costruita in proprio implica una diversità dalle barche prodotte da chi lo fa per professione solo per un aspetto tra il fiscale ed il commerciale: non possono essere rivendute prima di 5 anni. Il legislatore probabilmente ha voluto evitare che qualche professionista si travesta da autocostruttore per evadere la fiscalità e normative di cantiere ecc.
Per il resto qualunque barca autocostruita o no che sia deve sottostare alla stessa regolamentazione prevista per la tipologia, dimensione e categoria di navigazione richiesta.
Chiaramente un cantiere che costruisce in serie farà le pratiche di omologazione e collaudi del primo esemplare e per gli altri basterà presentare un certificato di conformità.
La cosa si complica un po' per le barche parzialmente autocostruite che vengono equiparate a quelle autocostruite in toto. Sarebbe a dire che se compri un guscio di una barca di produzione di serie che all'origine è omologata e te la finisci questa viene trattata come autocostruita tout-court.
La libertà di navigazione alla quale ti riferisci dipende quindi in primo luogo dal tipo di imbarcazione e dal tipo di navigazione che intendi fare.
Se è una distinta barchetta di 4metri (ad esempio) e te ne vai bordeggiando lungo costa in condizioni di mare calmo nessuno può dirti niente.
Con la stessa barchetta non puoi navigare in condizioni di mare impegnative nè superare il limite delle acque territoriali.
Per le categorie di navigazione vale la nuova normativa europea che distingue 4 tipologie, A, B, C e D e puoi trovare la loro descrizione e modi di applicazione tra le Normative (pagina Utlità del sito).
Se hai dubbi circa una costruzione da intraprendere sarebbe bene sottoporre il progetto ad un parere preventivo di uno degli enti di certificazione (indirizzi tra i Link) anche in relazione a possibili richieste specifiche delle normative europee difformi da qualche progetto extraeuropeo o magari un po' datato.
L'introduzione della nuova normativa comunitaria ha portato un po' di confusione ed è un agomento che si trova quasi tutti i mesi trattato sulle riviste nautiche (lo trovo spesso su Nautica e su Vela & Motore). Un po' è colpa delle leggi ma un po' anche di qualche capoccione irriducibile....
Personalmente non ho problemi normativi grazie (diciamo grazie...) ad una scarsità di disponibilità finanziarie che mi relega nell'ambito dei gusci di noce e grazie a una certa dose di prudenza senile che mi fa preferire navigazioni poco impegnative.
Luigi
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>  ti chiedo un consiglio :ho la possibilità di tenere la lancia di legno
> sulla riva del lago,(fuori dall'acqua)o la possibilità di tenerla in un
porto in acqua più comoda subito pronta a partire, cosa mi consigli?(gli fa
> male stare sempre a bagno? o come dicono i vecchi che la barca di legno deve
> stare in acqua. ) ciao e grazie
>
Quando parliamo di una barca in legno è bene specificare che tipo di costruzione.
Cerco di spiegarmi meglio.
Una costruzione tradizionale in legno si fa rivestendo delle costole trasversali fissate su una chiglia longitudinale. Il rivestimento si fa con tavole ben stagionate opportunamente curvate messe una vicino all'altra (il fasciame) . Tra gli interstizi delle tavole si mette un cordolino di cotone o stoppa e si stucca (a pece o catrame o sintetico). Quando la barca va in acqua il legno riprende parte dell'umidità che aveva perso con la stagionatura e aumenta di volume. Questo aumento di volume comprime le tavole l'una all'altra e al cordolino di tessile chiudendo con forza le fessure e garantendo all'insiema la necessaria impermeabilità. Accade spesso che barche rimaste a lungo in secco, una volta rimesse in mare facciano acqua. Si tratta di solito di una fase momentanea che con il passare di alcune ore va scemando fino a scomparire del tutto.
Appare chiaro che una costruzione tradizionale di questo tipo debba restare in acqua.
Una barca in legno può anche essere di costruzione moderna.
In compensato o in lamellare incollato.
Questo tipo di costruzione non prevede che il legno ceda o assorba umidità ma anzi fa ricorso a vernici e resine che sigillino il legno dagli agenti esterni. La costruzione nasce già impermeabile e rimane tale sia in secco che in acqua.
In sostanza si tratta della differenza che c'è tra un canestro e un vaso.
La costruzione tradizionale è paragonabile ad un canestro. La peculiarità della costruzione tradizionale è quella di garantire il movimento del legno a seguito della modificazione dell'umidità. Pertanto in queste costruzioni sono da sconsigliare tutti gli interventi con prodotti e materiali che tendono a incollare stabilmente o isolare il legno.
Alcuni anni fa con l'avvento delle prime resine molti possessori di barche tradizionali per mantenere le loro creature le avvolgevano con una pelle di vtr. Poi col tempo , con il movimento del legno di cui dicevamo sopra, succedeva che si ritrovavano con due scafi : uno di legno (nel frattempo molto deteriorato) e una di vtr compretamente disancorato da quello in legno.
Un problema analogo si verifica per la stuccatura a resina dei comenti (gli interstizi tra le tavole). La resina aderisce al legno ed è più forte del legno e quando questo si secca (barca in secca per lavori o rimessaggio) si porta appresso la superfice dove c'è il contatto fendendo la tavola.
Tornano ai tuoi vecchi, questi hanno ragione se la barca da lasciare in acqua è una lancia costruita a fasciame ma avrebbero torto nel caso che la barca in legno fosse un bel Flying Dutchman!
Spero di aver chiarito i tuoi dubbi.
Luigi
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