Aqualis
di Mario Falci



Ho già parlato, in un precedente articolo di barche olandesi e del bellissimo viaggio in giro per cantieri dei Paesi Bassi. Adesso vorrei parlare dell’avventura cominciata l’anno scorso che mi ha visto al lavoro molti fine settimana . Dopo aver trovato un’inserzione di vendita di una barca in legno Folkboat del 1957 ho preso contatti con il proprietario e dopo essere andato una prima volta per vedere lo stato della  barca, lasciato un acconto e dopo aver preso tutte le misure necessarie sono ritornato in Italia e mi sono messo al lavoro. Non avendo i disegni originali  ho ridisegnato la barca , grazie al rilievo effettuato ed ho progettato un invaso idoneo. Dopo ho cercato un camion adatto per il trasporto ed ho contattato una ditta di noleggio.



Trovata la foto del modello di camion che avrei utilizzato ho fatto le mie verifiche dimensionali per capire se invaso e barca stavano nel camion e per capire se gli ingombri erano a norma di regolamento stradale. Infine ho verificato l’altezza del baricentro del tutto .



Quindi partenza per l’Olanda con l’amico Andrea. Arrivati, abbiamo caricato la barca per il viaggio di ritorno aiutati dagli ex-proprietari che erano emozionati forse più di noi.



Dopo aver valicato le alpi.....



  ... siamo arrivati a Como dove abbiamo varato Aqualis




Dopo un anno di uscite favolose tra le ville di Cernobbio, mi sono convinto, osservandola per benino, che avrei dovuto iniziare un restauro il più possibile filologico. Avrei ripristinato la riduzione della vela con il boma a rullino e avrei sostituito tutte le minuterie non originali. Al contrario l’interno si presentava in buono stato e non sarebbe stato oggetto di alcun intervento.



 Molti particolari come le cromature presentavano varie aree rovinate ed arruginite.



 Anche l’albero non era in buone condizioni e certamente bisognava cambiare le crocette fatte con una essenza  estranea .



La prima operazione è stata la levigatura della coperta con la levigatrice orbitale.



 e subito dopo la rotazione dello scafo.

  

 Di seguito l’asportazione degli strati di colore , stucco e tessuto di vetro laminato con resina  poliestere. L’asportazione di questi strati ha messo in evidenza il restauro  del precedente proprietario che aveva sostituito il fasciame della zona di chiglia già marcio con compensato marino di mogano.
 


Ma la sorpresa più grande e gradita è stato scoprire lo scafo costruito in strip planking con listelli di mogano non giuntati, in perfetto stato di conservazione e posizionati con grande maestria.

Altro lavoro lungo è noioso ha riguardato la deriva che si presentava tra l’altro anche storta e non in asse.



 Dopo averla staccata dallo scafo è stata ripulita



 e stuccata per dare una forma idrodinamica.



 Il timone, dopo averlo pulito e portato a ferro, ha ricevuto un trattamento che si basa sui consigli riportati sul libretto distribuito dalla Cecchi,  e cioè primer epossidico in più mani per accogliere successivamente l’antivegetativa.
 
  


Anche per lo scafo ho seguito il procedimento che la Cecchi consiglia per gli scafi in legno: dopo aver verificato che in tutti i punti della carena l’umidità era inferiore al  12% ho dato due mani di resina epossidica, su questa ho laminato un tessuto di vetro da 150gr. Sopra , con spatola dentata ho stuccato solo l’opera viva, cercando di eliminare vistose concavità e cercando di avviare il più possibile la carena.



 Quindi dopo aver spianato, ho spatolato altro stucco  epossidico, ma stavolta con spatola liscia in modo da riempire i solchi. Su questo uno strato di stucco composto da resina e un additivo speciale a base di grafite. Sopra due mani di primer epossidico e finalmente l’antivegetativa. Per l’opera morta , dovendo mantenere in trasparenza le venature del mogano, è stato necessario dare circa 10 mani di bicomponente poliuretanica trasparente.
 
   

La prima cosa che avevo notato della barca era l’assenza del tambuccio. Pensando che fosse una caratteristica delle barche olandesi mi ero documentato ma in nessuna, neanche la più simile alla mia, avevo trovato tale caratteristica. Ho deciso di disegnare e costruire un tambuccio che fosse compatibile con una barca in legno degli anni 60. Avevo innumerevoli esempi a cui ispirarmi e cosi ho fatto.



Avevo anche notato come con il caldo una coperta in legno potesse essere fastidiosa sia per possibili scottature che per il calore accumulato sotto coperta. Per equilibrare colori e materiali ho deciso di cambiare  e di fare la coperta colorata con una vernice panna e antisdrucciolo .



 Ho scolpito e sagomato  anche la base dell’asse del timone.



  Portato a legno l’albero in spruce  e rifatto il boma, ho dato a pennello 12 mani di poliuretanica monocomponente. Questa è una vernice molto più elastica della bicomponente e quindi secondo me molto più adatta per componenti della barca che subiscono deformazione elastiche accentuate.



Ho quindi rifatto il bottazzo e la falchetta.
 


Infine ho fattto tagliare in acciaio , che poi ho lucidato, sia il musone di prua che le cornici degli oblò.



Dopo un anno di lavoro  ecco la barca ancora sul carrllo pronta per essere armata il giorno del varo.



 Viene tirato su l’albero.



 Finalmente la barca all’ormeggio nel porto di Gera Lario sul lago di Como.

Per conservare il legno e le vernici dall’azione deleteria dei raggi U.V. ho cucito un telo copribarca che arriva alla linea di galleggiamento. Operazione veramente complicata , in quanto come una vero sarto bisogna prendere le misure più volte. Notare che sono state ricavate delle finestre con rete per fare passare l’aria.

 
 E adesso la giusta ricompensa, la barca in navigazione.




Ciao
Mario

Ringraziamenti:

Andrea Patrucco che mi ha regalato le scritte in legno di mogano di Aqualis fresate con la sua macchina a controllo numerico.
Mario Marti che mi ha dato preziose informazioni tecniche e storiche oltre che regalato gli oblò in acciaio. A tal proposito mi scrive che: " la tua bella barchetta che- ribadisco sommessamente-non è un Folkboot, il quale è
più piccolo e più veloce con tempi leggeri, ma un Beulakkermeer, endemico dello  specchio di acque interne omonimo, comunicante col mare. Il fratello maggiore è lo Sneekermeer, costruito talvolta in legno (mogano su quercia) più spesso in acciao, endemico di un altro mare interno omonimo".
Giuseppe Balzarotti che mi ha dato una mano nel fare tambuccio e boma e mi ha regalato meravigliose tavole di mogano.