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L'idea di costruirmi una barca, per dir la verità, l'ho sempre avuta. Quand'era giovane anche mio padre ne costruì una e io non potevo sottrarmi alla sfida. Così ho iniziato la costruzione di un piccolo catamarano da 14 piedi (4.25m).
Dopo una discreta ricerca ho scoperto
la pubblicazione di G.D'Alì (Un piccolo catamarano fatto in casa).
"una buona idea", pensai.
Così decisi di acquistarla e dopo averla letta e riletta almeno 20 volte, optai proprio per un catamarano. Prima immaginavo lo scafo unico, ma cambiai idea leggendo D'Alì e progettai una versione leggermente più grande del 10' proposto da lui e con alcune modifiche. Realizzai un modellino in scala che immediatamente testai nella vasca da bagno con grande successo. Mi convinsi che il progetto era fattibile. Molte difficoltà che non immaginavo le incontrai già nella costruzione del modello (consiglio a tutti i futuri costruttori di cominciare con un modello ben fatto). Si avvicinava l'estate e la scuola finiva (finalmente). Mi trovavo a dover decidere se costruire il natante o vivere un estate "normale" come i mie compagni? Decisi per il natante ovviamente. Sapevo che per la costruzione e soprattutto per avviarla dovevo spendere soldi. Trascorsi quindi un'estate a lavorare con un'impresa stradale. Allo stesso tempo (sere, sabati, domeniche) iniziai la costruzione del catamarano. |
I pannelli dovevo metterli in forma.
Il sistema illustrato nel libretto non mi convinse abbastanza, perciò
realizzai un altro modello: un telaio con mezzi morali 3x6 distanziati
di 40 cm e tra i quali infilai le strisce di compensato (larghe 50) adeguatamente
bagnate e scaldate utilizzando il vaporetto (della zia!).
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Lasciai in forma i pannelli per circa una settimana, in modo che si asciugassero per bene. Una volta tolti dal telaio, i pannelli non avevano mantenuto la stessa curvatura come avevo sospettato (per questo motivo avevo diminuito la corda rispetto a quella di progetto). Il risultato fu tuttavia soddisfacente. |
Mi dispiace non avere documentazione fotografica di questi particolari, ma sono disponibile a descriverli per chi ne avesse bisogno. A poco a poco stavo prendendo confidenza con l'epossidica che mi aveva già irrigidito irrimediabilmente diversi pennelli! I due scafi avevano assunto la forma definitiva e provvidi a resinarli dentro e fuori. All'interno rinforzai con fibra di vetro i punti più soggetti a sollecitazione, come prue, specchi di poppa e chiglia. Per la chiglia usai un pastone di segatura e resina per rinforzare maggiormente. |
Nei bagli avvitai autofilettanti inox impregnante di epossidica per garantire migliore aderenza. |
Venne il momento di tradurre l'idea per collegare le traverse tra i due scafi. Prima di decidere avevo pensato molto e schizzato molte ipotesi. Acquistai una lamina di acciaio da 2mm, ritagliai le sagome adeguatamente dimensionate e le saldai su profili a "U" da 2 mm sempre di acciaio, che sarebbero dovuti cadere a cavallo dei 4 (2 per scafo) bagli. |
Questi erano stati aumentati appunto per accogliere questi elementi. Trapanai, saldai, limai, 'flexai" e ottenni quel che volevo. Questi 8 elementi furono avvitati e resinati allo scafo. Sono i nodi sui quali si concentreranno tutti gli sforzi di trazione torsione e flessione, per cui decisi di resinarli completamente e di aggiungere alcune autofilettanti inox sui dormienti. |
Nelle immagini si possono notare i particolari d'attacco delle traverse e le sagome dei tubi di anticorodal 6060 (traverse) della sezione di 60mm sp 2 mm. All'interno del profilo a "U" che sta a cavallo del baglio ho inserito un bullone inox che permette alle viti che incontrano le traverse di avvitarsi nell'elemento metallico. |
A questo punto avevo sotto gli occhi la forma definitiva. Il mio catamarano era questo. Avrebbe avuto questo tipo di ingombro e per montarlo ci voleva questo poco tempo sperimentato (almeno per unire i due scafi). |
Dubbi e incertezze erano svaniti davanti all'evidenza solida e robusta del catamarano montato, quando sollevandolo la prua di uno scafo, l'altro seguì ubbidiente. Ero riuscito a dare rigidezza all'insieme. Quella notte dormii sereno e soddisfatto |
Ora si tratta di posare la coperta e coprire la struttura. Pensavo che il più era fatto, ma non era proprio vero. Il mio progetto prevedeva due aperture sugli scafi per riporre oggetti (utili nel caso di campeggio nautico), per cui la coperta lasciava due vuoti che richiusi con due coperchi di marino da 10mm. |
La posa della coperta fu un lavoro abbastanza lungo, più di quanto avevo previsto, anche perché la composi a pezzi per utilizzare i tutti i ritagli. poi ho resinato il tutto e corretto le sbavature con stucco poliestere e resina addensata. |
Ora potevo rimontare tutta la struttura
completa di coperta e prendere le misure dei raccordi delle traverse allo
scafo. Per terminare gli scafi non mancava molto lavoro, ma i raccordi
delle traverse (come tutti i dettagli) richiesero tempo e pazienza. Realizzai
le sedi in resina che inglobavano le lame sporgenti dei supporti metallici
per le traverse.
Levigai la struttura e stuccai con
poliuretanico. (l'epossidico costa troppo e in questo caso non da niente
di più).
Per le due derive fisse ritagliai due pinne secondo progetto dal pannello di 15mm e le resinai sugli scafi ribaltati immobilizzandole con una struttura realizzata con i mezzi morali ìriciclatiî dalle prime fasi di lavorazione. |
Gli scafi sono quasi terminati. E' ora di pensare ai timoni con tutti i supporti che permetteranno la rotazione e l'alzata delle pale. Ho realizzato dei supposti particolari, un po' copiati un po' inventati. Le barre dei timoni sono in tubo di anticorodal 6060 e devo dire che tutto funziona abbastanza bene come anche l'alzata delle pale é abbastanza semplice. |
Aggiornamento Settembre 2003
E’ ora di verniciare gli scafi.
Ho optato per un fondo di vernice poliuretanica bicomponente in modo da correggere eventuali lievi imperfezioni ed avere un’ulteriore protezione. Il fondo degli scafi è stato successivamente carteggiato diverse volte fino ad ottenere una superficie quanto più possibile levigata e specchiante per accogliere la colorazione definitiva. Ho inoltre deciso di lasciare parte della coperta con il compensato marino a vista, resinato e verniciato. Mi dispiaceva troppo ricoprire l’intera struttura con il fondo poliuretanico! Nel frattempo è stato realizzato
il piede d’albero e l’unione degli scafi alle traverse è stato modificato,
invertendo il concetto di base. Invece di avvitare le traverse agli scafi,
avvito gli scafi alle traverse.
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La colorazione ha richiesto del
tempo, gli scafi sono stati appesi al soffitto e verniciati a spruzzo con
uno smalto, anche questo poliuretanico. Tre “mani” di colore sono state
sufficienti a coprire perfettamente.
L’effetto definitivo è molto diverso da quello precedente. Gli scafi appaiono più slanciati e snelli, e il colore del legno e le traverse d’alluminio, risaltano molto di più. E’ liscio e specchiante e sembra quasi di fargli un torto appoggiandolo sull’erba incolta. . |
Naturalmente sono stati verniciati anche i supporti dei timoni con lo stesso colore (blu oltremare). Le pale sono state mantenute del colore legno naturale, protette con vernice trasparente, come parte della coperta |
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Lo sforzo che produce l’albero sulla
traversa centrale, quando subisce il carico del vento, non è da
sottovalutare. Per questo motivo, seguendo le più classiche tipologie
dei catamarani di questo genere, ho dotato la traversa centrale del cosiddetto
“dolphin striker”.
Composto da due tiranti in acciaio inox ø 6 e da un puntone costituito da un tubicino inox ø 12 sp2, il “dolphin striker”.ha la funzione di alleggerire la flessione provocata dall’albero sulla traversa. Ho realizzato dei collegamenti sulle traverse tramite viti passanti imbullonate, con i tiranti saldati al puntone. Appoggiandosi sulla traversa, si percepisce immediatamente la tensione assorbita dai tiranti. E’ stato un lavoro piuttosto lungo e meticoloso viste le saldature su elementi così delicati ma il risultato è stato soddisfacente. |
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Albero e vele
E’ ora di pensare all’albero e alle
vele.
Dopo una estenuante ricerca, mi
sono messo il cuore in pace: vele e tantomeno alberi usati per catamarano
non si trovano!
Ho valutato l’armo con albero a
flessione; realizzato prototipi sia di albero sia di vele; progettato sezioni
forse un po’ improbabili per il peso, ma non del tutto insensate (forse).
Successivamente ho scoperto l’esistenza
in commercio di canalette per l’inferitura e ho aggiornato e semplificato
il progetto immaginando un tubo ø70 schiacciato ai poli per ottenere
più momento d’inerzia sull’asse longitudinale con l’applicazione
di questa canaletta su tutta la lunghezza.
Questa soluzione mi permette di
rendere l’albero divisibile senza troppi problemi e avere un peso nettamente
inferiore alla soluzione precedente. (c.a. 1,5 kg/m)
L’albero dell’altezza di 7m, scomponibile in due parti, viene issato a 7/10 dell’altezza con sartie aqquartierate, uno stralletto di prua come nelle più classiche tipologie di cat. L’albero a compressione, naturalmente, se necessario, verrà munito di diamante per controllare la flessione laterale.
Per l’albero forse è tutto
ma ora bisogna cercare una vela adeguata.
E’ sbagliato progettare un albero
senza sapere che tipo di vela sarà inferita. Nel mio caso, una sommaria
idea ce l’avevo. Sapevo per certo che la linea dell’inferitura non avrebbe
avuto un allunamento troppo pronunciato (per sopperire alla flessione dell’albero
che nel mio caso dovrebbe essere minima), per cui, con l’aiuto di Sailcut,
cercai di progettare una randa adeguata a alle mie necessità.
La scelta del profilo, approdò su un NACA 0012, (abbastanza “magrolina”) e la forma la decisi in base a gusti estetici e fattori quali il Cv (centro velico) in relazione al Cs (centro di spinta laterale). La randa dovrà essere completamente steccata come quasi tutti i cat di ultima generazione. Per realizzare un disegno che mi rendesse soddisfatto, ci misi molto tempo. Acquistai la dispensa “Far da se le vele per la propria barca”, chiesi consigli a destra e a manca, iniziai a osservare con occhio critico qualsiasi tipo di tessuto che mi si presentasse davanti, contattai alcuni velai per qualche consiglio (i velai, tirando acqua al loro mulino, cercano in tutti i modi di dissuaderti dalla tua eroica impresa) e alla fine stampai le coordinate dei ferzi da ritagliare. |
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Queste sono le schermate del programma
Sailcut che ho usato per progettare le coordinate, i profili, i rinforzi
ecc della randa.
Molto utile e anche abbastanza semplice da usare sapendo quali sono i parametri giusti da considerare per ottenere una vela buona ed efficace. |
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Era il momento di iniziare la vera
e propria realizzazione.
Mi sono fatto inviare (12m^2) di Lankotex da Mario Marti e nei giorni di Pasqua 2003 ho iniziato a ritagliare i ferzi. Sembra un operazione banale ma, in realtà, ritagliare sagome con la precisione del millimetro su di un laminato plastico di 12m^2, non è una cosa poi così semplice. |
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Dopo essermi allenato un po’ con
la macchina da cucire di mia mamma, ho acquistato diversi decine di metri
di filo poliestere e ho iniziato a unire i vari ferzi, precedentemente
assemblati con il nastro biadesivo, con cucitura a zig-zag del passo di
3-4mm.
I problemi maggiori, a parte l’inceppamento della macchina ogni 50cm, sono stati quando ho dovuto far passare quasi 6mq di vela sotto la spalla della piccola macchina da cucire. In un secondo tempo, ho ritagliato i rinforzi necessari e ho cucito la ralinga risvoltata nel laminato. Per le stecche ho adottato listelli di Ramino, molto flessibile e resistente e le ho rastremate dove ritenevo necessario. |
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Il varo è avvenuto a Lignano sulla foce del Tagliamento attorno alle 8 del mattino. Presenti mio padre e mia madre.
Gli scafi si possono trasportare
sul portapacchi di una vettura media senza particolari difficoltà.
Sono leggeri da sollevare e non
creano problemi di visibilità per chi è alla guida.
Nelle foto si possono notare la
varie fasi del montaggio.
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Indescrivibile l’emozione nel vederlo
galleggiare come previsto.
Quella mattina non c’era proprio un filo di vento. Pure il filetto di lana segnavento non dava segni di vita. L’attraversata del Tagliamento è stata piuttosto difficoltosa però, non potevo mica aspettare che uscisse un po’ di vento…l’emozione mi avrebbe dato la forza di soffiare se fossimo restati piantati in mezzo al fiume in balia degli yacht tedeschi che escono in mare dalla vicina marina. |
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Per fortuna è uscito un po’ di vento e sono riuscito a fare alcuni test. E’ indubbiamente stabilissimo, con poco vento e in due persone, trascina tantissima acqua e non riesce a planare. E’ molto orziero avendo solamente la randa e tende a scarrocciare chiudendo l’angolo di bolina. |
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Da solo è molto più
veloce, anche con non molto vento riesce a planare. E’ davvero una soddisfazione
sentire gli scafi che saltano sull’onda e vedere gli schizzi che bagnano
le prue provocando un baffo d’acqua che si stacca dal bordo.
Da solo, dà molte soddisfazioni, l’onda si chiude dietro le pale dei timoni e non provoca turbolenze dannose. Con vento fresco, ho rotto un paio di stecche della randa in strambata (consiglio stecche di plastica) e ho deformato il piede d’albero! Il dolphin striker ha resistito benissimo sopportando grossi sforzi soprattutto sotto raffica. Dovrò cambiare la prima stecca
con una più rigida ed eventualmente inserire una rotaia per
la scotta della randa.
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mi dai qualche dettaglio sulle
canalette che hai trovato?
Per quanto riguarda la canaletta,
l'ho ricavata da un profilo quadro di alluminio da 15x15mm sp1mm al quale,
senza non pochi problemi, ho realizzato un taglio longitudinale con una
sega circolare manuale! Ho cercato tanto canalette in commercio ma non
ne ho trovate. So che ce ne sono o magari ce n'erano in maggior misura
quando quasi tutti gli alberi di derive (420 - 470
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Alessandro Comuzzi comuzzi_alessandro@libero.it