La costruzione di un catamarano di 20 piedi.
di Lorenzo Pierucci





L’impostazione

L’idea iniziale era quella di  arrivare ad avere una barca idonea al campeggio nautico, da me precedentemente svolto con una pilotina a motore, poi su un gozzo armato a vela.
Volevo disporre di una velocità maggiore di quella offerta dal gozzo, pur mantenendo la propulsione a vela e senza rinunciare alla possibilità di un motore ausiliario: optai per un catamarano. Detto ciò, mi accorsi che i modelli disponibili in commercio erano tutti fortemente orientati verso la competizione, progettati per prestazioni notevolissime, ma non adatti all’uso che intendevo farne. Volumi ridotti, grandi superfici veliche, assoluta mancanza di spazio per lo stivaggio, prestazioni molto sensibili al peso.
Decisi, a dire il vero senza una eccessiva convinzione, di provare a disegnare io stesso un imbarcazione. Presi  spunto dal catamarano “Solitudo” (modulo 6)  di Franco Bechini, dettagliatamente descritto dal suo proprietario in una serie di articoli comparsi su Nautica. Era però mia intenzione mantenermi più leggero,  evitare le cuccette negli scafi come anche la pontatura rigida. Buttai giù le seguenti caratteristiche:

Lungh. fuori tutto             6100 mm
Baglio max scafo                500 mm
Larghezza complessiva             3000 mm\
Peso a armato e con motore        300    Kg
Superficie velica                 18  -  20 mq
Derive                    n°2 a baionetta
Timoni                    n°2 a baionetta
Armo                     Sloop con albero non rotante, sartie basse ed alte
Coperta                    Rete


Il progetto

Optai per una costruzione tradizionale in VTR, stampata su stampo femmina, a sua volta ricavata da un modello maschio. Questo mi permise una certa libertà nel disegno delle forme di carena Disegnai uno scafo simmetrico (un solo stampo per due stampate) con sezioni ad “U”, linee d’acqua abbastanza generose per consentire il carico di attrezzature, prua molto prossima alla verticale e specchio di poppa inclinato di 20° verso prua. La coperta piana sarebbe stata fissata su una flangia esterna ricavata sulla falchetta della stampata. Questo mi avrebbe dato la possibilità di costruire una coperta in compensato marino, evitando la costruzione di un secondo stampo. Preferii evitare la prua affilata tipica dei catamarani sportivi in favore di una prua raggiata, più facile da laminare e capace di darmi maggiori volumi a prua, garanzia contro l’ingavonamento nel cavo dell’onda. 


Dimensionai gli spessori pensando ad un laminato piano, rinforzato da omega longitudinali interni alle murate. Misi due paratie in corrispondenza dell’attacco dei travi di giunzione di due scafi ed una terza, molto piccola a prua, dove si sarebbe scaricata la tensione dello strallo. Fra le paratie principali ci sarebbe stato abbastanza spazio per un gavone in ciascuno scafo, anche se una apertura di grosse dimensioni mi dava qualche preoccupazione circa la rigidezza torsionale.  Non mi dilungo oltre sui vari calcoli di baricentro, distribuzione dei volumi, galleggiamento ecc ecc. In questa fase non definii con precisione molti dettagli (così li giudicai allora!) primo fra tutti l’attacco dei travi allo scafo, le mastre dei gavoni, la conformazione delle lande. Il non farlo si è rivelato poi un errore, ma volevo iniziare la costruzione del modello; avevo le linee d’acqua e le sezioni: questo mi bastava.

Il modello
Fino a questo punto avevo scherzato, adesso avrei dovuto acquistare qualche materiale ed incominciare a lavorare sul serio. Procedetti un po’ a buon senso: non volevo costruire un modello in legno come fanno i cantieri, mi sembrava un eccesso di zelo. Costruii uno scalo in legno sul quale allineai le sagome delle ordinate in compensato (una ogni 50 cm), con il profilo opportunamente diminuito di 15 mm. Le collegai col listelli longitudinali flessibili di 15 mm di spessore, distanti fra di loro circa 10 cm , che mi ricostituivano il profilo dello scafo. Ottenni una superficie reticolare con maglie di 50 * 10 cm. Posi all’interno di ciascuna maglia un rettangolo di rete metallica, stesi uno spesso strato di gesso che una volta asciutto venne raccordato con la pialla  a mano. Prima di ottenere una superficie soddisfacente dovetti aggiungere gesso, spianare aggiungerne nuovamente e rispianare per molte volte, sempre facendo affiorare i listelli di riferimento.
Molte mani di cementite, ed infine la verniciatura. Verniciai con uno smalto di bassa qualità pensando che intanto si trattava solo di un modello. Fu un errore che pagai in fase di formatura dello stampo in VTR.
Purtroppo non scattai fotografie a queste fasi di lavorazione, ed ora  non dispongo di una documentazione adeguata.

Lo stampo
Formai la vetroresina (poliestere + vetro) sul modello; anche qui sbagliai qualcosa, non stesi con cura sufficiente il gel coat da stampo con il risultato che, anche a causa della scarsa qualità dello smalto del modello, all’atto della sformatura avrei ottenuto una superficie di scarsa finitura.
Aggiunsi grossolane nervature esterne alle quali imbullonai una struttura reticolare di carpenteria per irrigidire lo stampo. A questo punto lo stampo fu diviso in due per permettere la sformatura delle stampate. Il modello di gesso sottostante fu demolito durante questa operazione. A causa della superficie interna non buona (errori di cui sopra) dovetti riverniciare i due semistampi, questa volta con una ottima vernice poliuretanica bicomponente.
L’accoppiamento dei due semistampi sarebbe avvenuto mediante bulloncini su una piccola flangia sulla linea di chiglia.
Per lo stampo furono impiegati circa 50 Kg di resina e 35 di stuoia e mat di vetro, oltre ad alcune parti in legno e le suddette strutture metalliche, visibili nelle immagini.

La formatura degli scafi
Poiché non ero attratto dalla lavorazione della vetroresina considerai sufficiente l’esperienza in questo settore avuta con la formatura dello stampo sul modello maschio. Decisi di portare i due mezzi stampi da un artigiano che mi stampò due scafi aggiungendo i rispettivi rinforzi ad omega interni alle murate. Approfittai di questo periodo per preparare le casse delle derive e le ordinate, da inserire nelle stampate.

 Nel frattempo anche le coperte vennero sagomate da fogli di compensato uniti a palella rinforzata da  un coprigiunto nella parte inferiore, in modo da formare una unica superficie lunga quanto gli scafi. Verniciai con pittura epossidica la faccia interna della coperta e fissai gli accessori nelle zone poi inaccessibili a scafo chiuso. A questo punto sono state praticate le aperture per i gavoni, poi rinforzate con cornici in acciaio inossidabile aventi anche la funzione di mastra.


La fase di assemblaggio coperta-scafo è stata sicuramente oggetto di molti pensamenti e molta attenzione. La giunzione è avvenuta con bulloncini diametro 4mm disposti con un passo di 70 mm, previa interposizione di sigillante epossidico. Non è stato semplice coordinare nel poco tempo a disposizione, prima della catalizzazione del sigillante, le fasi di spalmatura sigillante, posizionamento ed allineamento coperta, imbastitura dei bulloni e loro serraggio.




Travi ed accessori

Le travi sono state costruite in tubolare a sezione quadrata di acciaio inossidabile (lato 80 mm spess 2 mm). Effettivamente rappresentano una soluzione un po’ pesante, ma garantiscono una notevole rigidezza e mi hanno permesso di saldare vari accessori quali gli anelli per sostenere il telo-coperta, il supporto motore (parallelogramma) e gli attacchi per il tirante di irrigidimento a sostegno dell’albero. La giunzione fra scafi e coperta  è effettuata con staffe fissate alle murate e tiranti passanti attraverso al trave stesso. La distanza fra i due punti di fissaggio del trave a ciascuno scafo viene massimizzata a favore della rigidezza torsionale, mentre la lunghezza trave (e conseguentemente la larghezza catamarano è stata ristretta dai 3m del progetto originale a 2,8 m.
Nei tempi morti, o anche solo per variare il tipo di lavoro, sono state costruiti i particolari di ferramenta, quali lande, golfari, piede d’albero, trozza, rollafiocco con annesso tendistrallo, bitte.


Stato attuale

Manca ancora la verniciatura della coperte ed alcuni accessori necessari all’armo velico






Lorenzo Pierucci
Lorenzo.Pierucci@np.ge.com