COZZA
BIANCA - THE REVENGE di Paolo
Procesi - Architetto
LE SOVRASTRUTTURE DI UN CATAMARANO:
I sistemi di collegamento tra gli scafi: si potrebbe scrivere un
intero libro sull’argomento: “come collegare due scafi tra di loro”.
Alcune soluzioni dipendono da esigenze estetiche,
altre da istanze pratiche,
altre ancora da fattori tecnologici …
Mi limiterò a descrivere la mia esperienza per quello che
può essere utile ad altri.
Si tenga comunque presente che in un poliscafo la maggior parte degli
sforzi viene a concentrarsi proprio nelle strutture di collegamento
degli scafi e, segnatamente, sugli incastri. Questi stati di
sollecitazione si distribuiscono poi agli scafi; in altri termini
è un po’ come se fossero gli scafi ad essere agganciati alle
traverse e non le traverse a collegare rigidamente gli scafi.
I sistemi di collegamento si basano su 4 dispositivi di base:
1. L’incastro fisso (ossia non smontabile): per intenderci
quello realizzato nei poliscafi “open”oceanici o nei dei
più comuni catamarani da crociera.
2. L’incastro imbullonato: utilizzatissimo nei natanti sportivi
(dal “Tornado” ai “classe A”ecc.) che viene utilizzato anche in
poliscafi più grandi, da crociera, soprattutto se “carrellabili”
3. L’incastro “ad infilare”: comune ai progetti che antepongono
la semplicità alle scelte progettuali; piuttosto raro, un
esempio è quello di un vecchio modello Mattia o del Topcat
4. L’incastro legato: che è il più antico. Questo
tipo di collegamento sta avendo una significativa rinascita soprattutto
tra gli autocostruttori per la semplicità di realizzazione delle
sedi delle traverse, l’elasticità e la facilità di
montaggio. (l’immagine presa da:www.thaitiguide.com)
Per il primo, se applicato alle piccole barche, abbiamo solo
vantaggi: facili da realizzare, solidi, affidabili, durevoli. Lo
svantaggio è quello dell’ingombro del natante e quindi della sua
possibilità di essere trasportato (ricordate che per una
larghezza superiore a 2,5m. del rimorchio si passa alla categoria
“trasporto speciale”).
Gli incastri imbullonati sono i più diffusi. Sono piuttosto
facili da realizzare salvo il fatto che vanno eseguiti con precisione e
debbono essere revisionati spesso, svantaggi, questi, che scompaiono
nel caso dei prodotti industriali.
La mia opinione è che sono troppo rigidi e se si rompono lo
fanno improvvisamente, senza preavviso.
Gli incastri “ad infilare” richiedono una realizzazione che tenga conto
degli sforzi cui vengono sottoposti, il rischio è che
invecchiandosi usurino ed aumentino il gioco tra le parti diventando un
po’ “ballerini”.
La mia esperienza dice che sono laboriosi da montare in spiaggia.
Cambiando spesso il punto di partenza delle mie escursioni, quindi
montando e smontando la barca in giornata, ho incontrato sempre alcune
difficoltà nell’allineare perfettamente gli scafi e spingerli
uno contro l’altro per incastrare le traverse. E’ comunque più
facile sfilarli!
Adoro gli incastri legati! Sono facilissimi da realizzare (4 buchi ed un po’ di cima);
elastici quanto basta; si possono stringere con vari metodi e,
comunque, anche durante la navigazione; pesano pochissimo (i buchi
tolgono peso e le cime pesano meno dell’acciaio); data la loro natura
tendono a far collimare i pezzi automaticamente man mano che si
stringono i nodi (così non è necessario allineare
perfettamente gli scafi a terra), infine richiedono lo stesso tempo di
montaggio degli incastri imbullonati ma senza richiedere gli attrezzi
per stringere le viti. Una pacchia!
Di contro danno l’impressione di un oggetto poco pulito, poco
“tecnologico” o poco sicuro. Sul poco sicuro vorrei togliere ogni
dubbio: sono sicurissimi! Sul poco pulito sono del parere che se ben
disegnati possono avere una propria valenza estetica.
Per Cozza Bianca ne ho sperimentati due: uno del tipo ad infilare ed
uno del tipo legato
Nel momento in cui scrivo, è in realizzazione un nuovo
catamarano, in legno, nel quale sto sperimentando degli incastri
smontabili ritenuti da ganci a scatto (tipo quelli degli scarponi da
sci, per intenderci). Per ora so che sono velocissimi da montare …..
quando avrò varato la barca vi farò sapere se sono anche
velocissimi a farti naufragare.
P.S.
Agosto 2004: ho finito la barca, ci ho navigato ed ho constatato con
sorpresa che vanno benissimo, ma …… sono costati tantissimo!
LE TRE VERSIONI DI COZZA BIANCA –Ossia: come fare esperimenti sulla
propria pelle senza spendere una fortuna.
PRIMA VERSIONE
La prima versione di Cozza Bianca, la più ambiziosa, prevedeva
un sistema di traverse sul quale installare un trampolino munito di
paraspruzzi, sponde e terrazze.
Lo scopo era quello di far stare a proprio agio anche passeggeri che
avessero poca dimestichezza con il mare ed allo stesso tempo avere una
barca più asciutta.
Si componeva di un telo opportunamente sagomato
Da infilare e legare alle traverse binate
Le traverse erano del tipo “ad infilare”, i collegamenti erano
realizzati in lastre sagomate di compensato da 15 mm. disposte in
funzione delle sollecitazioni cui avrebbero dovuto resistere.
Questi sono stati avvitati direttamente sul bordo degli scafi
all’altezza dei dormienti.(o trincarini cheddirsivoglia). Quello di
fissare gli “scalmi” o le lastre che serviranno da sede per le
traverse, all’esterno degli scafi è un buon sistema per
rimediare ad eventuali errori di costruzione in quanto una volta
fissati gli scalmi interni si è sempre in tempo per correggere
l’allineamento delle traverse senza bisogno di rimettere mano sui pezzi
già tagliati.
Il complesso sistema di traverse binate doveva servire, oltre che da
supporto al telo, a fornire i punti di sostegno più idonei per
la deriva ed il timone
Altra innovazione è stata la “deriva strillata” sviluppata sullo
stesso principio del timone. Questa era appesa alla traversa anteriore
bassa ed aveva 2 ordini di stralli disposti su piani perpendicolari tra
loro rispetto al centro di rotazione della deriva.
L’armo è ispirato a quello dei windsurf con tanto di boma
tipo wishbone per ottenere un piano velico più vicino
possibile ad una ellisse.
L’albero era sostenuto da una “capra”; ossia da due puntoni che
distribuendo gli sforzi direttamente sui nodi alleggerivano
(eliminavano) il carico di flessione sulla traversa.
lo scopo del marchingegno era anche quello di permettere un rapido
abbattimento dell’albero ed un altrettanto rapido armo.
Il sistema è risultato molto efficace dal punto di vista
aerodinamico ma ….. troppi pezzi: non se ne vedeva la fine!
La vela, come accennato era ispirata da quella dei windsurf e
consisteva in una ampia tasca nella quale infilare l’albero. Il taglio
della vela prevedeva di sfruttare la larghezza dei rotoli di tessuto,
ne risutò una vela con un solo ferzo verticale (a parte la
tasca) e quindi assemblata con una sola cucitura verticale.
SECONDA VERSIONE
Senza voler ridisegnare gli incastri, ho voluto sperimentare un
trampolino rigido che offrisse maggior comfort in navigazione.
Costituito in tre pezzi per facilitarne il trasporto, insieme alle
altre componenti della barca, sul tetto dell’auto. E’ stato
realizzato in compensato marino da 10 mm. irrigidito da longheroni in
mogano 40x20 da incastrare sulle traverse.
Le lastre laterali erano realizzate in modo da poter ribaltare la parte
poppiera per circa 40 cm..
In modo da ottenere due comodi schienali per poter navigare in pieno
relax.
Il sistema ha dimostrato un’ottima funzionalità (wow! erano
comodissimi),
… ma, dato il suo peso (circa 14 Kg.), se da un lato aggiungeva
abbrivio al catamarano, facendolo comportare in virata come un cat. da
crociera, (virava facilmente per intenderci) dall’altro mi è
sembrato eccessivo per un 15’ “da spiaggia” (soprattutto quando si
è trattato di rimontare il tutto sul tetto della macchina).
TERZA VERSIONE
Si è trattato di un ritorno alla semplicità già
sperimentata con “Linea D’Ombra”. Ho constatato che con dei
collegamenti troppo ingombranti ero costretto a posizionare gli scafi
sul portapacchi dell’auto con le chiglie rivolte verso il basso (le
coperte verso l’alto).
Posizionarli con le coperte verso il basso invece facilita le
operazioni, non rovina l’opera viva ed è meno faticoso.
Siccome i portapacchi a barra sono sollevati dal tetto dell’auto
mediamente 10 cm. (su 5 rilevazioni di 5 auto diverse ho misurato un
minimo di 9,5 cm ed un massimo di 11,5) ho ridisegnato gli
incastri in modo da ottenere il massimo distacco dagli scafi
(necessario per bagnarsi di meno) senza fargli superare questa misura.
Inoltre sono tornato alla legatura delle traverse per ragionidi
semplicità costruttiva, rapidità di montaggio
economicità ed affidabilità. (vedisopra)
A questa versione sono poi state montate delle pinne fisse sia per
ridurre il numero di operazioni di assemblaggio, sia per il buon
rapporto tra facilità costruttiva e resa prestazionale.
Sulle pinne era stato inoltre praticato un intaglio per poterci
inserire delle coppie di ruote per l’alaggio.
(La foto si riferisce alla barca che ho varato ad agosto del 2004)
In questa versione ho modificato l’armo semplificandolo in un albero
smontabile in 3 pezzi (per ragioni di fornitura: i tubolari di
all.vengono venduti nella lunghezza di 6 m. e mi serviva un albero di
7,40m.)
L’albero è stato vincolato con 2 stralli e 2 paterazzi, il che
è abbastanza normale. Ma al piede ho trovato una soluzione
facile ed efficacissima: strallare il piede d’albero!
(Vedi articolo “ Stralli, stralli ,stralli”)
Sperando di esserVi stato, se non utile, almeno di stimolo.
Paolo Procesi
Per informazioni: paoloprocesi@hotmail.com