La seduta di Diavolone
di Stefano Guazzaroni

 
La seduta di Diavolone

Diavolone è un One-Tonner denominato EC37, disegnato dallo Studio Epaminonda-Ceccarelli nel 1975 e realizzato dal Cantiere Alb-Sail di Casellette in provincia di Torino.
E’ lungo fuori tutto appunto 37 piedi (10,95 metri) ha un baglio massimo di 3,56 metri, un pescaggio di 1,98 metri e disloca circa 7,5 tonnellate.
E’ ormeggiato a  Marina Dorica in Ancona.


Il mitico Diavolone


A Marina Dorica, Diavolone (ed anche il suo Armatore) sono molto conosciuti ed è anche per questo motivo che sono stato contento ed onorato di aver ricevuto l’incarico per realizzare una nuova seduta per il timoniere in sostituzione di quella vecchia, ormai giunta al suo epilogo.

Come si può vedere dalle foto, si tratta di una seduta molto arcata, costruita in teak sopra un supporto di compensato marino, realizzato per forza di cose con il sistema  lamellare.  
Per fare questo, una volta rilevato il raggio di curvatura e corretto opportunamente ho provveduto alla realizzazione di uno stampo a perdere.
Ovviamente, essendo lo stampo appunto a perdere l’ho realizzato con legno di Abete e messo insieme con viti e colla vinilica.



In questa foto si può notare la struttura in Abete dello stampo a perdere








Successivamente, ho iniziato la costruzione vera e propria (sopra lo “stampo”) della seduta, laminando tre strati di compensato spesso 4 mm. con resina epossidica addensata con Aerosil, ottenendo cosi un supporto lamellare su cui incollare le doghe ed i trincarini di teck spesso 12 mm.
Come per tutti i manufatti in lamellare, realizzati con pochi strati (come in questo caso) il raggio di curvatura che si ottiene, non rispecchia mai quello dello stampo, in quanto appena andiamo a togliere i morsetti che hanno tenuto in forma il manufatto durante la polimerizzazione della resina epossidica, questo inevitabilmente tende a piegarsi un pochino cercando di riprendere la forma originale, generando una sorta di ritiro elastico del laminato.
Per ovviare a tale inconveniente, c’è una formula che è la seguente: 100x[1:(n2-1)]  dove “100” è il raggio di curvatura misurato in percentuale ed “ n” è il numero degli strati del manufatto.
Con questa formula il “ritiro elastico” può essere calcolato con sufficiente approssimazione.

Una volta realizzato il supporto, l’ho rifilato secondo la dima che precedentemente avevo rilevato dalla vecchia seduta e quindi ho iniziato a posizionare il teck.
Ovviamente ho utilizzato teck Burma certificato, ossia quanto di meglio c’è sul mercato, cercando inoltre di accompagnare la grana ed il colore del legno, in modo da ottenere un risultato finale che fosse stato il più omogeneo possibile.


Una volta realizzato il supporto, l’ho rifilato secondo la dima che precedentemente avevo rilevato dalla vecchia seduta e quindi ho iniziato a posizionare il teck.
Ovviamente ho utilizzato teck Burma certificato, ossia quanto di meglio c’è sul mercato, cercando inoltre di accompagnare la grana ed il colore del legno, in modo da ottenere un risultato finale che fosse stato il più omogeneo possibile.
Per quanto riguarda il disegno e la geometria della messa in opera del teak, l’armatore mi ha lasciato carta bianca e quindi ho ritenuto opportuno inserire il disegno grafico del logo della barca.
Il logo l’ho disegnato con un programma cad, che poi ho inviato ad un mio amico, il quale ha provveduto a realizzarlo, per mezzo di una fresa a controllo numerico.

Il logo della barca inciso sul teak



Una volta incollato  il teak, ho ripassato i comenti con il primer, quindi ho sigillato con il sikaflex 290 dc nero e carteggiato il tutto.
Il risultato ottenuto è quello che si può vedere nelle foto allegate.


La seduta finita


Qui la si può osservare in loco sulla barca