Lilian…..un Lighniting
“restaurato”
di Stefano Guazzaroni
Circa un anno fa, ricevetti da un
amico, l’incarico di sistemare la sua barca “Lilian” appunto. Si trattava di un Lighniting
costruito dal Cantiere Patucelli di Gargnano sul Garda, nel 1962 ben 45
anni orsono!!!! Il suo numero impresso a fuoco sul
lato destro della cassa di deriva è l’8621 La barca era stata acquistata dal
mio amico un paio di anni fa e credo che non l’abbia quasi mai
utilizzata salvo che per qualche sporadica uscita, più per
provare che per regatare.
Lilian prima dell'intervento
La poppa come è arrivata
Quando vidi la barca per la
prima volta, ben rimessata sotto la tettoia, arieggiata e ben riparata
dalla pioggia, notai all’interno la presenza di uno strano fazzoletto
di compensato, subito dietro la cassa della deriva, che oltre ad essere
incollato era anche stato avvitato con una miriade di viti in ottone.
Comunque, dopo essermi accertato
che il legno della barca era abbastanza asciutto per un intervento con
la resina epossidica, decisi di far trasportare la barca presso il mio
laboratorio sito a Loreto AN, distante circa 200 km dal luogo in cui si
trovava la barca.
Una volta avutala in casa,
incominciai a smontare tutte le sue attrezzature, quali bozzelli,
rotaie, lande e quant’altro, cercando nello stesso tempo di controllare
minuziosamente le condizioni del legname, soprattutto nei punti
più “vulnerabili” quali la chiglia, e tutta l’attaccatura
intorno alla cassa di deriva, sulla chiglia stessa.
Nei giorni successivi, dopo aver
spogliato la barca di tutti i suoi “ammennicoli” interni, incominciai a
fare il punto della situazione e contemporaneamente a studiare un piano
di intervento, insieme con il mio amico.
Diciamo subito che saltava
all’occhio, la bontà della costruzione della barca da parte del
Cantiere, con delle soluzioni interessanti e con una precisione
impressionante, almeno secondo il mio punto di vista.
Fermo restando, quanto sopradetto,
purtroppo dopo un’attenta ispezione, mi accorsi che la barca presentava
diversi inconvenienti, dovuti in parte all’età ed in parte
all’incuria dei precedenti proprietari.
Una volta tolto il fazzoletto di
compensato dietro la cassa della deriva, che aveva precedentemente
attirato la mia attenzione, notai che sotto a questo, nel bel
mezzo della chiglia in mogano era stato inserito ed incollato un pezzo
credo sempre di mogano con una strana forma, a doppia coda di rondine,
credo per cercare di eliminare una eventuale spaccatura che si sarebbe
formata in questo punto con la relativa entrata di acqua.
Il tassello, messo dietro la cassa di
deriva
In questo modo però
non si ottenne un risultato soddisfacente, infatti dietro a questo
tassello, la chiglia con il tempo ha continuato a spaccarsi per altri
20/25 centimetri. Insomma dietro quella cassa di
deriva, c’era veramente un bel “casotto”.
Ancora una spaccature esterna dietro
la cassa deriva, dove si può vedere il tassello riportato
Le spaccature esterne, visibili sul fondo della barca dopo essere stata
girata
Sempre la chiglia, nella
parte a fianco della cassa della deriva, sulla destra, per circa
metà dello spessore, era completamente “tabacco”, si sbriciolava
con estrema facilità, semplicemente grattandola con l’unghia.
Per quanto riguarda il fasciame,
(Cedro rosso del Libano) la tavola sempre sulla destra della cassa
deriva ed adiacente alla chiglia stessa, presentava una spaccatura da
prua a poppa, in alcuni punti larga fino a 3/4 mm. che una volta tolto
il limo e la sabbia imprigionata dentro, lasciava intravedere la
luce da sotto, quindi passante per l’intero spessore della tavola che
è di circa 13 mm.
L'interno, carteggiato fino a trovare
il legno vivo
Le sedute laterali si presentavano
anche queste, spaccate in tutta la loro lunghezza formando la prima,
due pezzi e l’altra addirittura tre, mentre il pezzo a poppa era
mancante e quindi da ricostruire ex novo. I supporti delle sedute erano
allentati, traballanti e pieni di fori ed in alcune parti
incominciavano a marcire. Per contro, le fiancate (quindi
l’opera morta) erano abbastanza in buono stato.
A questo punto, d’accordo con
l’attuale proprietario (il mio amico) decidemmo di ricoprire
internamente ed esternamente lo scafo con tessuto di vetro Batavia, da
200 gr/mq e resina epossidica, ovviamente dopo aver sistemato le
spaccature e le parti marce della chiglia. Decidemmo di ricoprire, con lo
stesso tipo di tessuto di vetro e resina epoxy anche la coperta,
realizzata in compensato marino.
Per fare questo, dovevo però
togliere e ricostruire ex novo il paramare in mogano (per altro
abbastanza malridotto) e le modanature del pozzetto, sempre in mogano,
oltre al bottazzo, costituito anch’esso da un listello di mogano da
30x10, sagomato.
Si iniziano a provare a secco, il
paramare e le modanature del pozzetto.
Decidemmo di costruire ex novo
anche i supporti delle sedute in mogano, mentre per le sedute vere e
proprie, ed i paioli, rimanemmo d’accordo di ripristinare quelli
esistenti.
Per quanto riguarda la colorazione
della barca, il proprietario decise di fare lo scafo esternamente
rosso, la coperta bianca e l’interno lasciarlo con il legno a vista,
ovviamente proteggendolo con fibra di vetro, resina epoxy come
già detto e vernice trasparente.
Quindi dopo circa una settimana,
impiegata a smontare tutte le ferramenta, i supporti delle sedute, ed a
studiare la “strategia” sopradescritta, incominciano i lavori veri e
propri di sistemazione.
Per prima cosa decido di togliere
tutta la vernice, fino trovare il legno vivo della parte interna.
Lo scheletro della barca è
formato, oltre che dalla chiglia, anche da 16 ordinate, sempre in Cedro
rosso del Libano, quindi una volta carteggiati tutti gli spazi tra
un’ordinata e l’altra, le ordinate stesse e le fiancate interne, fino
appunto a trovare il legno vivo, ho iniziato a lavorare sulle
spaccature.
Per queste, ho provveduto a pulirle
internamente con il Dremel, (trapanino portatile, molto maneggevole e
comodo per questo tipo di lavori) allargandole fino a trovare anche qui
il legno vivo. Nei punti più larghi, come
già detto, erano piene di limo e sabbia.
Una volta pulite per bene le
spaccature, ho preparato una “pappetta” composta da resina epossidica e
microfibre di cellulosa abbastanza liquida, in modo che versandola
lentamente dentro le crepe, questa (la pappetta) andasse a
riempire tutto lo spazio, senza lasciare dei vuoti d’aria, riempiendo
la spaccatura fino a circa un paio di millimetri dalla parte superiore
della tavola, quindi lasciando il posto per circa altri 2 mm. di resina
addensata. A questo punto ho messo sopra la
resina una strisciolina di peel-ply ed ho aspettato che il tutto
catalizzasse completamente.
Riempimento con resina epoxy
e fibre tagliate, della spaccatura, nella parte interna.
La strisciolina di peel-ply, va
messa in quanto successivamente, quando si dovrà continuare il
lavoro, togliendo la suddetta strisciolina, avremo una superficie,
priva delle amine che si formano alla fine del processo di
catalizzazione della resina, sulla superficie del manufatto e
quindi pronta per essere utilizzata al meglio. (le amine infatti
verranno asportate insieme alla strisciolina di peel-ply) Il peel-ply però ha anche
un’altra funzione molto importante, cioè quella di aumentare di
molto la superficie trattata, quindi incollando un pezzo sopra ad una
superficie trattata in questo modo, avremo una tenuta di gran lunga
superiore.
La foto, è stata fatta durante la
realizzazione delle cordolature.
Successivamente, come già
detto, ho tolto il peel-ply ed ho finito di riempire le spaccature con
altra resina addensata, questa volta però con polvere di legno e
silicio colloidale (Aerosil), fino ad ottenere una colorazione della
resina, più o meno vicina al colore del legno stesso.
Ancora una foto, dove si possono vedere le
cordolature, ricoperte con il peel-ply
Il passo successivo, è stato
quello di cordolare tutti gli angoli che le ordinate formavano con il
fondo della barca, usando sempre resina epossidica addensata con
l’Aerosil e colorata con polvere di legno. Le cordolature, servivano a fare in
modo che quando andavo a posizionare la fibra di vetro, sul fondo della
barca, questa salisse sulla faccia dell’ordinata perpendicolare al
fondo della barca stessa, senza formare un angolo vivo, che come tutti
sappiamo, è indice di scarsa tenuta della fibra di vetro in quel
punto.
Anche qui, una volta realizzati i
cordoli con una spatola preventivamente sagomata, ho provveduto ad
applicare la strisciolina di peel-ply, che poi ho tolto subito prima di
applicare il tessuto di vetro.
Una volta terminato il lavoro di
cordolatura, ho incominciato a laminare con la resina, il tessuto di
vetro tagliato a misura e con la forma che c’era tra un’ordinata e
quella successiva, avendo cura di tagliarlo circa un 40 cm più
lungo e dividerlo poi in due parti uguali, in modo che nella parte
centrale della barca (quindi sopra la chiglia) le due pezze si
sovrapponessero, avendo quindi nella parte centrale dello scafo e tra
un’ordinata e l’altra, una striscia larga circa 20 cm realizzata con
due strati sovrapposti di tessuto anziché uno, quindi con un
rinforzo di fibra da 400 gr/mq. anziché 200. Man mano che procedevo come sopra
descritto, ovviamente allo stesso modo ho applicato il tessuto anche
sui fianchi interni, sempre tra un’ordinata e quella successiva.
Anche qui, una volta applicata la
fibra di vetro, ho provveduto ad applicare sopra ad essa, una pezza di
peel-ply per lo stesso motivo che ho già spiegato sopra.
Terminata la ricopertura della
parte interna, (fondo e fiancate) ho iniziato a lavorare sulla coperta. Anzi, per essere precisi, prima di
iniziare la riparazione della coperta, ho provveduto a rimuovere con
scalpello e martello il paramere, le modanature del pozzetto ed il
bottazzo.
La coperta, rivestita con la fibra di
vetro e l'immancabile peel-ply
Il paramare, è stato quello
più ostico tanto che per riuscire a rimuoverlo senza provocare
ulteriori danni, ho dovuto trapanare la testa di alcune viti che si
erano incastrate nel legno e non volevano saperne di svitarsi. Lo stato della coperta, era
abbastanza buono, solo in due o tre punti per altro abbastanza piccoli,
il primo strato del compensato si era gonfiato e sfogliato. Per ovviare a questo inconveniente,
ho provveduto a togliere lo strato di compensato delaminato, riempiendo
il vuoto lasciato, con resina epossidica addensata con microfibre di
cellulosa ed Aerosil, per poi ricoprire la parte trattata con il solito
peel-ply.
Il profilo della coperta, (bolzone)
non era stato assolutamente compromesso, in quanto come ho già
detto, si trattava di delaminazioni molto circoscritte dell’ordine di
qualche centimetro quadrato. Una volta sistemate le zone
delaminate, ho rivestito con il tessuto di vetro Batavia da 200 gr/mq.
resina epossidica e peel-ply, l’intera coperta. Il giorno dopo, quando la resina
era ben polimerizzata, con una lametta ho rifilato tutto il perimetro,
per non avere in giro tutte le fastidiose debordazioni di tessuto di
vetro, che nelle parti esterne alla zona laminata si sfilacciavano
facilmente, non essendo state impregnate con la resina.
A questo punto, dopo aver preparato
due robusti cavalletti, di larghezza adeguata, senza poche
difficoltà ed aiutato da altre persone, abbiamo provveduto a
girare sottosopra la barca.
Ovviamente le spaccature di cui ho
parlato in precedenza, erano tutte presenti all’appello e ben evidenti
anche nella parte esterna dello scafo, comprese anche quelle provocate
dal famoso tassello inserito dietro la cassa deriva che, stando la
barca parecchio tempo all’asciutto, si era ritirato provocando appunto
una fessurazione tutto intorno al suo stesso perimetro.
Anche qui, ho dovuto lavorare con
il Dremel allargando le fessure, fino a trovare il legno vivo e la
resina colata dalla parte interna, quindi riempire i vuoti, con l’epoxy
additivata con le solite microfibre di cellulosa.
Una volta riempite le fessure, ho
incominciato a carteggiare esternamente, prima le fiancate e poi il
fondo, anche qui fino a scoprire il legno. Debbo dire che se per un verso il
lavoro di carteggiatura all’interno ha richiesto più tempo e
pazienza per via della presenza delle ordinate, all’esterno pur
lavorando su una superficie più pianeggiante ed omogenea, ho
dovuto asportare credo tre o quattro strati di smalto di colore
diverso, che era stato dato dai precedenti proprietari, senza
preoccuparsi troppo di togliere quelli sottostanti. Inoltre sul fondo gli strati di
smalto, oltre ad essere più numerosi, erano anche molto
più duri da asportare.
Comunque, una volta portata la
barca allo stato “primitivo”, quindi completamente senza pittura, ho
iniziato ad applicare il tessuto di vetro, sempre Batavia e sempre da
200gr/mq. e seguito sempre dal solito peel-ply. Anche in questa fase, ho fatto
sormontare le due pezze di tessuto nella parte centrale, (quindi sopra
la chiglia) come spiegato in precedenza. Realizzando di fatto, anche qui un
rinforzo da 400gr/mq. da prua a poppa, nella parte esterna della
chiglia e per una larghezza di circa 30/35 centimetri. Lo scafo è stato stuccato e
ricoperto di fibra di vetro, qui lo vediamo pronto per ricevere la
1° mano di fondo
A questo punto la barca, era
ricoperta di fibra di vetro, sia all’interno che all’esterno, non
rimaneva quindi che togliere gradualmente il peel-ply, ricostruire gli
spigoli esterni con resina epoxy addensata con microfibre ed Aerosil,
in quanto con la messa in opera della fibra di vetro, i suddetti
spigoli, si erano stondati. Quindi ho iniziato a carteggiare,
con la levigatrice orbitale e carta grana 60 per poi passare al ciclo
di verniciatura.
Come molti sanno, quando si
laminano superfici di una certa ampiezza, il peel-ply oltre ai pregi
sopradescritti, ha anche quello di rendere perfettamente omogenee le
superfici e formare un sottile strato di resina pura sopra il tessuto
di vetro, proteggendolo. Quindi una volta tolto di mezzo,
basta dare una leggera passata con la levigatrice orbitale munita
di carta abrasiva grana 60 per avere una superficie liscia e
pronta per ricevere la prima mano di fondo.
Per la parte eterna, ho usato il
fondo poliuretanico bicomponente 912 della Stoppani. Ho spruzzato una prima mano
abbastanza massiccia, (nel senso che ne ho spruzzata parecchia) in modo
da cercare di stuccare con il fondo stesso tutte quelle piccole
imperfezioni che inevitabilmente si formano durante la laminazione e la
successiva carteggiatura.
La prima mano di fondo è stata
carteggiata, la barca è pronta per ricevere la 2° mano
Successivamente ho carteggiato,
sempre con l’orbitale, questa volta però con carta abrasiva
grana 120 asportando parecchio del fondo messo, anche scoprendo ampie
zone, ma cercando di rendere la superficie molto omogenea e tastandola
continuamente con il palmo della mano, in seguito ho ancora stuccato
con stucco metallico le eventuali piccole imperfezioni e ricarteggiato
le stuccature, sempre con carta grana 120.
Dopodichè, ho spruzzato la
seconda mano di fondo, (anche questa, sostanziosa) quindi ho
ricarteggiato il tutto con carta abrasiva grana 180 a secco, avendo
cura questa volta di lasciare tutta la superficie da pitturare,
completamente ricoperta con il fondo.
Adesso lo scafo era pronto per
ricevere la prima mano di smalto poliuretanico bicomponente Glasstop,
sempre della Stoppani di colore rosso, come richiesto dal proprietario.
Ho spruzzato tre mani di questo
prodotto ed una volta asciutto, tra una mano e l’altra, ho sempre
carteggiato con la levigatrice orbitale e carta abrasiva grana
320 a secco. Poi ho spruzzato la quarta mano, ma
questa volta ho carteggiato con la 800 sempre a secco, giusto per
togliere quella leggera buccia d’arancio che si forma sulla superficie
dopo la spruzzatura ed opacizzare la superficie, quindi ho provveduto a
lucidare con lucidatrice munita di cuffia cosidetta d’agnello, (ma
ovviamente sintetica) e pasta abrasiva della Feestol, fino a
specchiarmi sulla superficie stessa. La pitturazione della parte esterna
della barca, era terminata.
Dopo aver fatto riposare il tutto
per alcuni giorni, anche per dare modo allo smalto di essiccare
perfettamente e quindi di raggiungere la giusta durezza, sempre con
l’aiuto di altre persone, abbiamo provveduto a rigirare la barca,
riposizionandola nel suo invaso, (che nel frattempo avevo provveduto a
sistemare) in modo da poter proseguire con i lavori.
Come si presentava lo scafo, subito dopo
aver spruzzato la 4° mano di poliuretanica bicomponente
Rigirata la barca, ho tolto tutto
il peel-ply nella parte interna, ho incollato tutti i supporti delle
panche che avevo precedentemente ricostruito con mogano massello,
carteggiato leggermente per togliere la trama del peel-ply ed ho dato
sei mani di vernice poliuretanica bicomponente a pennello. Per verniciare l’interno, ho usato
la vernice 912 della Stoppani, comoda anche per il fatto che si miscela
al 50% con il suo catalizzatore, quindi tanti grammi di vernice, ed
altrettanti di catalizzatore.
A questo punto, ho iniziato a
lavorare di nuovo sulla coperta, togliendo tutto il peel-ply messo in
precedenza e carteggiando con la solita levigatrice orbitale e carta
abrasiva grana 60 tutta la sua superficie. Una volta carteggiato, ho
provveduto a mascherare, sia le fiancate esterne che l’apertura del
pozzetto, con fogli di giornale e cartone, quindi ho iniziato il ciclo
di verniciatura, usando gli stessi prodotti e lo stesso metodo,
utilizzati per l’esterno della barca, solo che anziché
utilizzare lo smalto rosso, ho utilizzato quello bianco.
Una volta che tutto quanto si era
ben asciugato, ho incominciato a delimitare con del nastro da
carrozziere le parti della coperta che andavano trattate con
l’antisdruciolo, formando una sorta di disegno geometrico, speculare
nei due lati della coperta, quello di dritta e quello di sinistra. Quindi lavorando su una porzione di
disegno per volta, ho dato una mano a pennello di vernice trasparente,
la solita vernice 912, e subito dopo, quando questa era ancora fresca,
con un setaccio molto fine ho applicato sopra l’antisdruciolo (anche
qui ho utilizzato quello della Stoppani) poi, il giorno dopo, ho
soffiato via con la pistola ad aria tutto l’antisdruciolo in eccesso e
che non si era attaccato alla vernice ed ho spruzzato una mano di
smalto bianco, sopra all’antisdruciolo stesso, bloccandolo.
Vista dallo spigolo destro di poppa,
si può notare il bottazzo ricostruito in mogano ed il disegno della
superficie trattata con antisdrucciolo
Una volta tolta la mascheratura,
appariva sulla coperta ben in evidenza il disegno formato dalla diversa
lucentezza dei due trattamenti. Quindi, sempre lasciando passare
qualche giorno per dar modo allo smalto di essiccare completamente, ho
iniziato a montare il paramare, le modanature del pozzetto ed il
bottazzo esterno, precedentemente ricostruiti ex novo, utilizzando
mogano massello e finiti a spruzzo con la poliuretanica 912. Anche la coperta della barca, era
terminata.
Rimaneva la sistemazione
delle panche laterali e la costruzione ex novo del pezzo di poppa
(sempre delle panche) che mancava.
Per sistemare le panche laterali,
le ho reincollate nelle loro spaccature con resina epoxy addensata e
morsettate fino a polimerizzazione avvenuta. In questa fase, ho anche chiuso
sempre con epoxy, mescolata a polvere di mogano, tutti i fori delle
viti di fissaggio, che precedentemente erano stati fatti e sparsi un
po’ qua e un po’ là. Ho provveduto poi a piallare
ambo i lati sulla pialla a spessore, fino a scoprire il legno vivo
ottenendo così una superficie omogenea e pulita.
A questo punto ho rifatto tutti i
fori per le viti di fissaggio ai supporti (circa una ottantina)
seguendo uno schema logico e geometrico, quindi ho iniziato a ricoprire
le panche con la stessa fibra di vetro utilizzata per lo scafo,
ovviamente, utilizzando sempre il solito peel-ply.
Le panche laterali, sono state
sistemate e ricoperte anch'esse con la fibra di vetro
Una volta polimerizzata la
resina, ho tolto il peel-ply e ripassato i bordi perimetrali e tutte le
aperture che si possono vedere sulle foto, profilando e stondando
tutti i bordi, sia quelli che riguardavano il perimetro, sia quelli
formati dalle asole sulle panche stesse.
Successivamente ho iniziato ad
applicare, una dopo l’altra tutte e sei le mani di vernice trasparente,
(sempre la 912 della Stoppani) anche questa volta a spruzzo.
Per costruire il pezzo di panca
mancante (quello di poppa) ho utilizzato il mogano massello, visto che
anche le panche originali, erano state costruite con questa essenza. Non sono però riuscito a
trovarlo della stessa tonalità di quello già esistente e
quindi mi sono dovuto accontentare di una tonalità leggermente
più chiara. (sperando che con il tempo si scurisca un po’)
A questo punto, ho montato le lande
delle sartie in acciaio inox, quella dello strallo e quella del
paterazzo, oltre alla rotaia posizionata sopra la mastra dell’albero,
anche questa in acciaio inox e tutte ricostruite “custom”.
Dopo un po’ di giorni, la barca
è ripartita per la sua destinazione di origine, con un aspetto
molto diverso da quello con cui era arrivata. Di certo non mostrava più i
suoi 45 anni di età!!!!
Stefano Guazzaroni
Il lavoro è terminato e questa è
una vista di prua, con la landa dello strallo ricostruita ex novo