Mica
di
Tomislav Sencic
(si legge micia = piccola in dialetto)


redazione: Tomislav ci invia questo interessante articolo sulla costruzione del Mica. Nella sua mail mi pregava di correggere gli errori di Italiano. In realtà ce ne sono pochissimi e preferiamo lasciare il testo in originale perchè possiate tutti apprezzare lo sforzo  e le capacità di Tomislav. Bravo!



L' esperienza di costruzione di S500 o Mica (si legge micia = piccola in dialetto)



Questa e' la storia di uno dei miei sogni. Durante un autunno ho notato di sognare spesso barche, vele e mare. Le disegnavo, ricercavo su internet e osservavo nei marina. E che questo non fosse solo una passione momentanea, passante, testimonia anche un disegno che mio padre aveva salvato quando avevo 8 anni. Dunque, la cosa era cronica.

Cercavo di immaginare come doveva essere la mia barca ideale. Lo avevo trovato nell’ Open 5.70 di Jean Marie Finot e Speedfeet 18 di Marc Lombard. Ma questi stupendi, piccoli bollidi erano per me, ancora studente, col prezzo di 15-25 mila euro irraggiungibili. Pero’, qualcosa non mi dava pace, e continuavo a disegnare e immaginare come si potesse costruire una cosa del genere. Cosi il destino mi porta alle pagine di Cantierino, dove trovo molte confessioni, esperienze e suggerimenti. Tra l’ altro, trovo Carene, un software molto semplice con cui e facile progettare barche per il metodo cuci e incolla. Qui trovo anche il link a Spray store, il negozio online dell’ attrezzatura e del materiale per l’ autocostruzione di imbarcazioni.
Per realizzare il sogno c’era ancora il problema dello spazio. I genitori avevano detto che era una pazzia e che a nessuna condizione mi mettevano a disposizione il garage per una stupidagine del genere. I prezzi del noleggio erano troppo alti, mi mangierebbero la barca. Mi ricordai di un amico che aveva il pianoterra della casa vuoto e non sfruttato. Gli spiegai le mie intenzioni, e lui mi rispose che non c’erano problemi. L’avventura poteva cominciare!
Prima di finire il progetto, parlai pure con un’ amico che studiava con me. Lui e’ uno skipper famoso. Faceva ovviamente architettura navale, come suo fratello e suo padre e tutta la famiglia. Incomincio’ ad andare a vela pima che camminare. Lui  mi diede alcuni consigli, fece qualche calcolo, e disse che la cosa poteva andare.



Secondo il progetto la barca aveva le seguenti caratteristiche generali:


LOA = 4.85 m
B = 2.16 m

Ordinai quelo che mi occorreva a Spray store (il libro “Costruire rapidamente piccole barche in legno” di Paolo Lodigiani, resina epossidica, addensanti, tessuto in vetro..). Dopo 15 giorni arriva il “materiale piccolo”. Adesso potevo acquistare il “materiale grosso”. Dal rivenditore locale aquistai 9 pezzi  di compensato marino di ocoume’ delle dimensioni 170 x 250 cm x 8 mm. Con la mia Renault 4 le trasporto in “cantierino”.

Purtroppo non ho fotografato la fase del disegno delle linee sul compensato marino. Fissavo le strisce flessibili di abete con chiodi e disegnavo gli “spline” che attraversavano dei punti previsti dal piano. Poi col seghetto alternativo ho tagliato i pezzi del fasciame. Giuntai longitudinalmente i pezzi “a lapazza”. Tagliai anche le paratie e sui bordi incollai delle strisce (forse andrebbe meglio un altro termine che non conosco, si tratta di profilo di circa 30 x 20 mm) di abete. Ho costruito un semplice piedestallo a V per appogiare la mia creatura. Poi ho cucito ed incollato il fondo:
Poi incominciai ad incollare gli elementi verticali al fondo. Erano sostenuti da morsetti e da viti provvisorie:

Sulla foto si vede anche il cane che mi “aiutava” e stava attento che qualcuno non mi rubi la barca. Si chiama Medo (vuol dire Orso, anche se orso non sembra).



Dopo aver messo in posizione e attaccato gli elementi verticali (paratie e cassa della deriva), sul fondo e su di essi viene cucito ed incollato il secondo livello del fasciame:



Il tutto viene irrobustito con strisce di abete e prottetto con resina epossidica:




Di seguito arriva l’ultimo livello del fasciame ed il “pavimento” del pozzetto. Si noti il gavone al centro:


Con le sedute latterali, viene chiusa la parte posteriore:



A prua, una struttura in abete sostiene la copeta e la tuga:


I panelli di compensato marino vengono messi sopra la struttura. In questo modo l’intero scafo viene chiuso:

Segue la protezione della resina epossidica dai raggi ultravioletti. Due strati di pittura bicomponente, epossidica:


L’abbiamo capovolta. Abbiamo arrotondato gli spigoli e messo le strisce di tessuto di vetro. A prua viene attaccato un elemento di poliuretano per arrotondare la sezione che taglia le onde:




Tutte le superfici vengono rivestite da uno strato di tessuto di vetro di 160 g/m2:

Tutto lo scafo viene protetto con pittura bianca bicomponente. Finalmente arriva il giorno. La portiamo alla luce del giorno:
Fino a questo punto ci ho impiegato circa 250 ore lavorative. Poi non le contavo piu’, ma erano molte perche ho dovuto far delle modifiche: abbassare il supporto motore, impedire infiltrazioni di pioggia e intorno alla cassa della deriva. E poi ho impiegato molto per mettere a posto l’atrezzatura, costruire la deriva ed il timone. Non era lavoro puro; era sperimentazine, ricerca per negozi, riparazioni, finiture...tante ore, chi le conterebbe.

Viene trasportata in una nuova locazione, all’ aperto, pero’ piu’ vicino al mare. Un po’ di colore blu fa miracoli:
Poi ho passato un incubo. Per legalizzarla, avevo dovuto far visitare i piani, e la barca in diverse fasi. Io non lo sapevo, e non l’avevo fatto. Pero siccome avevo fotografato tutto e fatto dei bei disegni, nonostante tutto, mi hanno dato i documenti ed il numero. Poi dovevo anche comprare una montagna di atrezzi: remi, salvagente, lampade, ancora, cassetto pronto soccorso (anzi, 2, perche non ci sta tutto quello prevvisto dalla legge in uno; comprendono piu’ medicine che una clinica), ...
Arriva il giorno del varo. 29.08.2004. La barca entra in mare. Un emozione indescrivibile!
Ho comprato un piccolo motore fuoribordo usato (Mercuri 3,5) e fatto un paio di uscite, ma senza albero, vele, deriva ne timone. Era giusto per sfruttare le ultime giornate calde dell’ estate 2004 e per chiudere la bocca agli scettici. Senza deriva ne timone con uno scafo piatto – vuol dir come guidare su ghiaccio.
Poi, nei mesi successivi avevo comprato un rimorchio usato, l’ albero e le vele di un 470. Ho ottenuto tutto a buon prezzo, pero’ era in cattive condizioni. Percio’ durante i mesi invernali ci ho lavorato. Ho costruito anche la deriva ed il timone. Tutto era pronto per l’ estate 2005!












Tomislav Sencic
Fiume – Croazia

Informazioni ulteriori:
www.freewebtown.com/tsencic - in Croato, pero’ con tante foto
tsencic@riteh.hr