La costruzione di NOVA
Catamarano di 10'
di Mario Falci





Sono già 4 o 5 anni che vado ai raduni dei 10 piedi in Lombardia, e già durante la prima regata osservata dalla riva avevo deciso che avrei costruito qualcosa anch'io e che avrei gareggiato.
Da quel momento ho iniziato ad interessarmi di autocostruzione visitando siti su internet, comprando libri, e sopratutto frequentando altri autocostruttori. Bisogna dire che vivendo a Milano ho la fortuna di parlare con personaggi del calibro di Paolo Lodigiani e Gabriele D'Alì.
Svolgo la professione di Architetto e Designer e soprattutto quest'ultima mi permette di affrontare problemi di tipo tecnico, formale e di lavorare manualmente sui modelli e prototipi che costruisco in studio.
Faccio questa premessa per spiegare il mio atteggiamento pericolosamente sperimentale anche nei confronti di una imbarcazione. Molte idee e soluzioni che ho avuto spesso erano campate in aria (e quindi non erano soluzioni) per altre ho avuto conferma della loro bontà quando ho visto su riviste o su internet che erano già state applicate.
La categoria dei 10 piedi è perfetta per chi vuole iniziare, si può osare senza piangere per il denaro speso. Il mio programma (che è quinquennale come quello della defunta URSS) prevede di verificare alcune idee sui 10 piedi per poi passare ad una imbarcazione intermedia ed infine ad un cabinato.
Riconoscendo la mia attuale incapacità di progettare lo scafo di un catamarano ne ho chiesto a Paolo Lodigiani il disegno,

specificando subito che non volevo il solito compromesso tra forma della carena e metodo costruttivo. Quindi niente carene a spigolo o a sezione triangolare.
All'inizio mi sono orientato sullo strip planking, ma la difficoltà di reperire il legno di cedro e i costi mi hanno demoralizzato. Poi ho ricordato che avevo una quarantina di fogli di compensato marino sottilissimo. Lo spessore mi preoccupava essendo di soli 1,2mm ,ma in un libro di Lodigiani "Barche in legno" avevo letto della costruzione in "legno modellato" in cui vengono incollate delle striscie di compensato o tranciato in due o più strati perpendicolari tra loro. Questo metodo costruttivo mi consentiva di raggiungere uno spessore ,con la resina , di 2.6mm circa.
Ogni metodo costruttivo deve subire una verifica che secondo me è assolutamente legata alle esigenze del costruttore e nel  caso del "legno modellato"sono arrivato a queste conclusioni:
 

DIFETTI
 
1) ho notato di avere grosse difficoltà nel posizionare le striscie così come descritto nei disegni del libro di Lodigiani, quindi ho adottato una tecnica leggermente diversa da quella del "legno modellato"
 
 

2) non ero d'accordo sul fatto di dovere costrire un modello maschio costituito da ordinate e listelli paralleli disposti a distanza ravvicinata e che avrei utilizzato ancora per il secondo scafo ma poi avrei buttato via.

3)si utilizzano grandi quantità di resina.

PREGI

1) pulizia del cantiere, non si forma polvere di legno, così credevo all'inizio dell'opera, tanto che avevo iniziato a lavorare in casa!!

....

2) è possibile tagliare le striscie con il cutter e curvarle a freddo senza grosse difficoltà "torturando" il compensato abbastanza facilmente, cioè imprimendo oltre che la curvatura longitudinale anche una curvatura trasversale alla striscia

3) leggerezza e robustezza.

Dopo aver imparato il metodo, ho fatto alcune

MODIFICHE
 
1) Ho disposto le striscie longitudinalmente in entrambi gli strati sfalsando sempre i giunti. Nel metodo classico di solito solo l'ultimo strato viene disposto in questo modo. ma solo per motivi di tipo estetico.

 
2) gli elementi dello scalo  seste, chiglia, corrente superiore rimangono come elementi strutturali dello scafo 

Con questo metodo è possibile ottenere superfici molto vicine a quelle di progetto, ma i tempi di costruzione sono molto lunghi. Molto dipende dalle abilità manuali personali, ma anche dalla dimestichezza verso alcune operazioni che poi si ripetono. Per esempio tagliando la striscia un pò
abbondante si può disegnare il profilo della sagoma con molta precisione fissandola momentaneamente sulle seste con delle graffette ed usando la striscia adiacente già incollata alla sesta come una sorta di righello (stessa tecnica dello strip planking). Dopo la si adatterà ulteriormente cercando di ridurre le inevitabili fessure che comunque ci sono sempre tra una striscia e l'altra lavorando con un pialletto. Sono comunque ammessi spazi tra le striscie di 2-3 mm che verranno chiusi dalla seconda pelle di compensato. Anche su questa seconda pelle, essendo fatta di striscie, troveremo spazi tra le sagome di compensato che verranno agevolmente chiusi da stucco.
Il primo scafo ha richiesto tre settimane abbondati di lavoro, il secondo la metà. E' stato possibile ridurre così tanto il tempo di lavorazione avendo fatto tesoro di tutti gli errori commessi nel primo scafo. Infatti le striscie non debbono essere necessariamente uguali tre loro, per cui mentre nel senso del lato maggiore la misura sarà stabilita dalla distanza tra le paratie  a cui sarà incollata la sagoma di compensato, il lato minore dipenderà dalla posizione che la striscia ha nella fiancata: da 20cm a 30cm per le sagome di compensato più vicine al corrente superiore a 4cm - 6cm per quelle da incollare alla chiglia. Inoltre le striscie a poppa sono di solito più sottili

..

perchè in sezione l'insieme di questi lati determina una spezzata vicina ad una curva, mentre quelle a prua sono più larghe , visto che le sezioni si avvicinano progressivamente alla retta della prua

..

Le altre operazioni compiute sono simili a quelle di molte altre imbarcazioni:

1) stucco per chiudere e livellare concavità e sporgenze

2) doppio strato di resina epossidica all'interno

3) tessuto di vetro e resina all'esterno
4) levigatura e verniciatura

CONTRATTEMPI
1) quando al primo scafo mancava soltanto la resinatura, ho deciso di cambiare il disegno della coperta . Avevo già previsto nel progetto di incastrare i traversi in alluminio alle fiancate preparando dei tubi di vetroresina che avevo resinato sul tubo stesso e che avevo reso solidale  a due seste con abbondanti cordoli di resina e polvere di legno.
Nella variante al progetto originario (come si vede nei disegni) ho rialzato di 15cm  la coperta a poppavia .

Inoltre non ho previsto il solito trampolino di tessuto ma due rettangoli in sandwich di compensato marino (di spess.1.2mm) all'esterno  con un'anima in polistirene di spess.10m .

Ho incollato i tre strati con resina mettendo degli spessori sul tavolo di lavoro durante l'incollaggio, in modo da rendere il lato lungo curvo,come un ponte. Li ho quindi tesati tra gli scafi con delle cime fissando dei ponticelli 7-8 cm sotto il corrente superiore. Sono riuscito ad avere una seduta sufficientemente comoda , alta 23cm.

2) su consiglio del proprietario di un colorificio specializzato in articoli nautici ho comprato tessuto di vetro e peelply. Effettivamente passare la spatola sul peelply fa "trasudare" la resina in eccesso attraverso  le maglie di questo tessuto ,migliorando l'aderenza tra resina e vetro. Il problema che ho avuto sono state le colature di resina pura quIndi troppo vischiosa sulla porzione di fiancata dello scafo che non avevo ricoperto di tessuto di vetro.
Il mio consiglio è quello di ricoprire anche l'opera morta con il tessuto di vetro e con il peelply, in modo tale da non dover lavorare ore de ore per levigare le colature di resina indurita e poi stuccare e ancora levigare.
Altro consiglio aggiungere alla resina un addensante facendo delle "prove di colatura" su una superficie dello stesso materiale dello scafo messa in verticale.

PRECAUZIONI
1) Su consiglio di Paolo Lodigiani ho forato le paratie vicino la chiglia ed ho posizionato un tappo nello specchio di poppa. Giusto! bisogna considerare la possibilità che lo scafo non sia perfettamente stagno, e che l'acqua debba essere fatta uscire asciugando l'interno.
Bisogna stare attenti però a non dimenticare di avvitarli.
E' quello che mi é successo questo settembre. Ho fatto la prova di inaffondabilità che volontariamente nessuno vorrebbe fare nelle acque di un lago freddo. Ringrazio Mario Bacherini per il consiglio delle bottiglie  di plastica vuote e tappate, che sostituiscono egregiamente il polistirolo che dopo qualche anno si sbriciola.
ARMAMENTO
Avendo imparato ad andare a vela con il windsurf, mi sono chiesto se alcune caratteristiche originali di questo sport possono essere applicate alle altre imbarcazioni. Nei catamarani la stabilità trasversale viene raggiunta controbilanciando alla coppia sbandante causata dall'effetto del vento sulle vele e sullo scafo una coppia raddrizzante prodotta dall'imbarcazione e dalla posizione sopravento dell'equipaggio. Se si costruisce un albero che può inclinarsi sopravento come nei windsurf, collegando il piede dell'albero ad un carrello che scorre su un binario ,come quello della scotta di randa, è possibile regolare questa inclinazione. La stabilità trasversale verrebbe raggiunta in questo caso non mediante lo spostamento dell'equipaggio mediante il trapezio ma portando la vela sopravento. Regolando le scotte del carrello si potrebbe tenere a lungo uno scafo sollevato dall'acqua con evidente effetto sulla velocità.
 
Ebbene tutto questo è già stato realizzato e i due tubi che consentono all'albero di ruotare e di essere sostenuto sono anch'essi già stati inventati!!!.

Attualmente "NOVA" è predisposto per avere l'albero inclinabile, ma non è ancora stato inserita la rotaia con relativo carrello e sopratutto la vela definitiva



Vorrei ringraziare:
Teresa , mia moglie per non avermi cacciato da casa,
Marie ed Amedeo Cavalchini per l'ospitalità a Buccinasco durante i lavori di verniciatura,
Paolo e Marisa Geroldi per la disponibilità del centro velico di Tavernola
Bergamasca.
 

Mario Falci