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Sono già 4 o 5 anni che vado
ai raduni dei 10 piedi in Lombardia, e già durante la prima regata
osservata dalla riva avevo deciso che avrei costruito qualcosa anch'io
e che avrei gareggiato.
Da quel momento ho iniziato ad interessarmi
di autocostruzione visitando siti su internet, comprando libri, e sopratutto
frequentando altri autocostruttori. Bisogna dire che vivendo a Milano ho
la fortuna di parlare con personaggi del calibro di Paolo Lodigiani e Gabriele
D'Alì.
Svolgo la professione di Architetto
e Designer e soprattutto quest'ultima mi permette di affrontare problemi
di tipo tecnico, formale e di lavorare manualmente sui modelli e prototipi
che costruisco in studio.
Faccio questa premessa per spiegare
il mio atteggiamento pericolosamente sperimentale anche nei confronti di
una imbarcazione. Molte idee e soluzioni che ho avuto spesso erano campate
in aria (e quindi non erano soluzioni) per altre ho avuto conferma della
loro bontà quando ho visto su riviste o su internet che erano già
state applicate.
La categoria dei 10 piedi è
perfetta per chi vuole iniziare, si può osare senza piangere per
il denaro speso. Il mio programma (che è quinquennale come quello
della defunta URSS) prevede di verificare alcune idee sui 10 piedi per
poi passare ad una imbarcazione intermedia ed infine ad un cabinato.
Riconoscendo la mia attuale incapacità
di progettare lo scafo di un catamarano ne ho chiesto a Paolo Lodigiani
il disegno,
DIFETTI
1) ho notato di avere grosse difficoltà
nel posizionare le striscie così come descritto nei disegni del
libro di Lodigiani, quindi ho adottato una tecnica leggermente diversa
da quella del "legno modellato"
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2) non ero d'accordo sul fatto di dovere costrire un modello maschio costituito da ordinate e listelli paralleli disposti a distanza ravvicinata e che avrei utilizzato ancora per il secondo scafo ma poi avrei buttato via.
3)si utilizzano grandi quantità di resina.
PREGI
1) pulizia del cantiere, non si forma polvere di legno, così credevo all'inizio dell'opera, tanto che avevo iniziato a lavorare in casa!!
....
2) è possibile tagliare le
striscie con il cutter e curvarle a freddo senza grosse difficoltà
"torturando" il compensato abbastanza facilmente, cioè imprimendo
oltre che la curvatura longitudinale anche una curvatura trasversale alla
striscia
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3) leggerezza e robustezza.
Dopo aver imparato il metodo, ho fatto alcune
MODIFICHE
1) Ho disposto le striscie longitudinalmente in entrambi gli strati sfalsando sempre i giunti. Nel metodo classico di solito solo l'ultimo strato viene disposto in questo modo. ma solo per motivi di tipo estetico. | ![]() |
2) gli elementi dello scalo
seste, chiglia, corrente superiore rimangono come elementi strutturali
dello scafo
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Con questo metodo è possibile
ottenere superfici molto vicine a quelle di progetto, ma i tempi di costruzione
sono molto lunghi. Molto dipende dalle abilità manuali personali,
ma anche dalla dimestichezza verso alcune operazioni che poi si ripetono.
Per esempio tagliando la striscia un pò
abbondante si può disegnare
il profilo della sagoma con molta precisione fissandola momentaneamente
sulle seste con delle graffette ed usando la striscia adiacente già
incollata alla sesta come una sorta di righello (stessa tecnica dello strip
planking). Dopo la si adatterà ulteriormente cercando di ridurre
le inevitabili fessure che comunque ci sono sempre tra una striscia e l'altra
lavorando con un pialletto. Sono comunque ammessi spazi tra le striscie
di 2-3 mm che verranno chiusi dalla seconda pelle di compensato. Anche
su questa seconda pelle, essendo fatta di striscie, troveremo spazi tra
le sagome di compensato che verranno agevolmente chiusi da stucco.
Il primo scafo ha richiesto tre
settimane abbondati di lavoro, il secondo la metà. E' stato possibile
ridurre così tanto il tempo di lavorazione avendo fatto tesoro di
tutti gli errori commessi nel primo scafo. Infatti le striscie non debbono
essere necessariamente uguali tre loro, per cui mentre nel senso del lato
maggiore la misura sarà stabilita dalla distanza tra le paratie
a cui sarà incollata la sagoma di compensato, il lato minore dipenderà
dalla posizione che la striscia ha nella fiancata: da 20cm a 30cm per le
sagome di compensato più vicine al corrente superiore a 4cm - 6cm
per quelle da incollare alla chiglia. Inoltre le striscie a poppa sono
di solito più sottili
..
perchè in sezione l'insieme di questi lati determina una spezzata vicina ad una curva, mentre quelle a prua sono più larghe , visto che le sezioni si avvicinano progressivamente alla retta della prua
.
.
Le altre operazioni compiute sono simili a quelle di molte altre imbarcazioni:
1) stucco per chiudere e livellare concavità e sporgenze
2) doppio strato di resina epossidica all'interno
3) tessuto di vetro e resina all'esterno
4) levigatura e verniciatura |
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CONTRATTEMPI
1) quando al primo scafo mancava soltanto la resinatura, ho deciso di cambiare il disegno della coperta . Avevo già previsto nel progetto di incastrare i traversi in alluminio alle fiancate preparando dei tubi di vetroresina che avevo resinato sul tubo stesso e che avevo reso solidale a due seste con abbondanti cordoli di resina e polvere di legno. | ![]() |
Ho incollato i tre strati con resina mettendo degli spessori sul tavolo di lavoro durante l'incollaggio, in modo da rendere il lato lungo curvo,come un ponte. Li ho quindi tesati tra gli scafi con delle cime fissando dei ponticelli 7-8 cm sotto il corrente superiore. Sono riuscito ad avere una seduta sufficientemente comoda , alta 23cm.
2) su consiglio del proprietario
di un colorificio specializzato in articoli nautici ho comprato tessuto
di vetro e peelply. Effettivamente passare la spatola sul peelply fa "trasudare"
la resina in eccesso attraverso le maglie di questo tessuto ,migliorando
l'aderenza tra resina e vetro. Il problema che ho avuto sono state le colature
di resina pura quIndi troppo vischiosa sulla porzione di fiancata dello
scafo che non avevo ricoperto di tessuto di vetro.
Il mio consiglio è quello
di ricoprire anche l'opera morta con il tessuto di vetro e con il peelply,
in modo tale da non dover lavorare ore de ore per levigare le colature
di resina indurita e poi stuccare e ancora levigare.
Altro consiglio aggiungere alla
resina un addensante facendo delle "prove di colatura" su una superficie
dello stesso materiale dello scafo messa in verticale.
PRECAUZIONI
1) Su consiglio di Paolo Lodigiani
ho forato le paratie vicino la chiglia ed ho posizionato un tappo nello
specchio di poppa. Giusto! bisogna considerare la possibilità che
lo scafo non sia perfettamente stagno, e che l'acqua debba essere fatta
uscire asciugando l'interno.
Bisogna stare attenti però
a non dimenticare di avvitarli.
E' quello che mi é successo
questo settembre. Ho fatto la prova di inaffondabilità che volontariamente
nessuno vorrebbe fare nelle acque di un lago freddo. Ringrazio Mario Bacherini
per il consiglio delle bottiglie di plastica vuote e tappate, che
sostituiscono egregiamente il polistirolo che dopo qualche anno si sbriciola.
ARMAMENTO
Avendo imparato ad andare a vela
con il windsurf, mi sono chiesto se alcune caratteristiche originali di
questo sport possono essere applicate alle altre imbarcazioni. Nei catamarani
la stabilità trasversale viene raggiunta controbilanciando alla
coppia sbandante causata dall'effetto del vento sulle vele e sullo scafo
una coppia raddrizzante prodotta dall'imbarcazione e dalla posizione sopravento
dell'equipaggio. Se si costruisce un albero che può inclinarsi sopravento
come nei windsurf, collegando il piede dell'albero ad un carrello che scorre
su un binario ,come quello della scotta di randa, è possibile regolare
questa inclinazione. La stabilità trasversale verrebbe raggiunta
in questo caso non mediante lo spostamento dell'equipaggio mediante il
trapezio ma portando la vela sopravento. Regolando le scotte del carrello
si potrebbe tenere a lungo uno scafo sollevato dall'acqua con evidente
effetto sulla velocità.
Ebbene tutto questo è già stato realizzato e i due tubi che consentono all'albero di ruotare e di essere sostenuto sono anch'essi già stati inventati!!!. | ![]() |
Attualmente "NOVA" è predisposto per avere l'albero inclinabile, ma non è ancora stato inserita la rotaia con relativo carrello e sopratutto la vela definitiva
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Vorrei ringraziare: Teresa , mia moglie per non avermi cacciato da casa, Marie ed Amedeo Cavalchini per l'ospitalità a Buccinasco durante i lavori di verniciatura, Paolo e Marisa Geroldi per la disponibilità del centro velico di Tavernola Bergamasca. |
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