Il  Proa Alessandra I
di L.Scarnicchia

Aggiornamento Considerazioni finali Luglio 2001

Era richiesta una imbarcazione per tranquille passeggiate di famiglia (mamma,papà e  pupa) con colazione al seguito. Stabile,  asciutta, spaziosa senza manovre o ferramenta fra i piedi per farsi male, facilmente spiaggiabile.
Doveva anche essere  abbastanza veloce ed in grado di affrontare un mare eventualmente montante.
Un ampio pozzetto garantisce una buona comodità di movimento sebbene per il migliore assetto la posizione dell'equipaggio debba essere obbligatoriamente a centro barca (circa all'altezza della deriva) .
Genesi
Il progetto risale a circa Marzo 1997. La costruzione l'ho cominciata a Giugno 99, non appena venduto il Tridente che possedevo. I lavori sono andati avanti abbastanza speditamente fino a circa Ottobre 99 quando è intervenuta una pausa per scarsità di tempo impiegato in altre incombenze.
Tra Ottobre 99 e Febbraio 2000 ho cucito la randa e ho interrotto i lavori. Ad Agosto 2000, stufo di vederla ferma ho ripreso i lavori.  S.Devlin  suggerisce  : "per finire una barca dovete odiarla" ; io  effettivamente ho cominciato ad odiarla (si fà per dire..) : in due mesi il lavoro è stato portato a termine. Molte cose sono state fatte in maniera grossolana, me ne rendo conto, ma sono andato di corsa per rispettare un termine di massima che mi ero dato. Molti particolari  nel progetto iniziale erano stati pensati  per grandi linee: nella pratica della costruzione hanno preso molto tempo . In particolare alcune ferramenta come gli anelli che ospitano il gancio del picco della randa, le piastre con i ganci alle quali vengono fissate le traverse, lo strazzatoio della scotta randa ( per non intralciare il piano del pozzetto è stato posto sul boma) ed infine sul picco della randa c'è una specie di archetto in tondino sul quale scorre un gancio per la drizza.

Foto 1 - Lo scafo principale quasi ultimato
La Costruzione
Per la costruzione sono stati seguiti metodi diversi: lo scafo principale è in compensato marino di Okumé di 3mm posto su ordinate e rinforzato con due pelli di FV e resinato con Epox. 
Il fondo del pozzetto é CM da 5mm rinforzato con listelli di CM. 
Lo spazio tra il fondo e il piano del pozzetto è stagno (?) e comunque riempito di polistirolo. 

Le sedute laterali del pozzetto, anch'esse stagne, sono invece riempite di schiuma. A prua e a poppa due ampi gavoni ispezionabili riempite di bottiglie PET .
Libero per l'uso il gavone centrale dotato di sportello stagno (di produzione industriale).
Il timone è basculante mentre la deriva, esterna, è tenuta in posizione da due tenaci elastici in modo da garantire l'eventuale assorbimento di urti senza trasmettere shock allo scafo.
Le traverse sono in tubolare di alluminio da 80mm di diametro e sono collegate allo scafo principale e allo scafetto mediante un legamento elastico.
Per il trampolino si è scelta la soluzione rigida ovvero un piano in CM da 5mm rinforzato longitudinalmente  da tre longeroni in alluminio da 40mm.
I trampolini  sono imbrigliate  alle traverse mediante cinghie. Questa soluzione, a differenza del telo( che sarebbe stato molto più leggero) non mette in tensione le traverse e consente notevoli risparmi sulla robustezza e tenuta della struttura generale.
La deriva è ancora in divenire. La prima ipotesi prevedeva due derive asimmetriche , una per lato, esterne che basculavano appoggiandosi su un supporto esterno ( visibile nella foto 1). Il sistema a secco funzionava egregiamente ma il tutto risultava un pò complicato, troppo per una barchetta da "passeggio".  Prima del varo la deriva è stata modificata diventando una sola sul lato di dritta ( lato scafetto per comodità di intervento).
 

Ultima prova a terra
 Con il varo mi sono accorto di aver sbagliato l'altezza del supporto che si era venuto pertanto a trovare appena sopra il galleggiamento ; sono stati quindi eliminati in due supporti laterali esterni e ne è stato rifatto uno  solo sul lato di dritta più piccolo perchè adesso la deriva viene infilata a baionetta anzichè basculare.
Come già detto prima un elastico assicura la tenuta in posizione della deriva e ne garantisce la mobilità in caso di urto. Resta da determinare il vantaggio della stessa ovvero se il miglior angolo guadagnato (a scapito senz'altro di velocità) sia effettivamente un vantaggio.
 Questo ed altro sarà oggetto di sperimentazione nei prossimi mesi
Le vele
L' Alessandra I è armata con una vela alare più o meno alla portoghese. Per guadagnare superfice sulla randa una stecca fa da picco (tipo wind-surf). L'albero è un tubolare di 55mm passante , che lavora in una tasca , come il picco che invece è di 40mm.
 
 Fasi di armamento : si inserisce il picco nella randa, si aggancia la chiusura lanpo della tasca della parte inferiore della randa ae si issa la vela fino all'anello nel quale va infilato l'uncino del picco.
A questo punto basta manovrare la drizza ed issare il picco.

Un piccolo paranco volante, a piede d'albero, regola la tensione della drizza: più o meno cazzata ingrassa o smagrisce la randa. 

Il boma è regolato da un paranco a due vie che scorre su un archetto in tessile che insiste sulla traversa di poppa
A prua un piccolo fiocco . Lo strallo è inserito nel fiocco ed è fatto con una cimetta in kevlar da 3,5 . Sempre in kevlar sono fatte le sartie che controventano lo strallo.
Anzichè gli arridatoi ho usato un paranchino all'inglese a quattro bracci bloccato da un paio di nodi tipo ancorotto.
Anche il fiocco è oggetto di prove. Appurata la sua importanza aerodinamica e l'indispensabilità nella conduzione della barchetta ( se  una virata dovesse fallire si può accollare rapidamente) ho trovato una certa difficoltà nel posizionamento sullo scafo del punto di scotta; in un primo tempo veniva a trovarsi proprio sulla seduta a circa 30 cm verso poppa dalla traversa ant.. Questa posizione interferisce con la posizione dell'ecquipaggio che è fondamentale per l'assetto dell'imbarcazione.
 
Attualmente il punto di scotta e lo strazzatoio sono stati spostati immediatamente a ridosso della traversa ant. ed il fiocco è stato leggermente modificato alzando la base per migliorare l'angolo di scotta.  Per migliorare la regolazione della chiusura in alto della balumina vorrei provare a bomarlo (autovirante). Potrebbe essere una soluzione percorribile e verrà sperimentata quanto prima
 Per le vele è stato usato sperimentalmente  un "telo" di polipropilene di comune uso in agricoltura che è stato scelto fondamentalmente per il basso costo e la tramatura. 
Il taglio e la cucitura sono stati una buona scuola per il lavoro definitivo che verrà fatto con tessuto in dracon da 3,2 oz.
La tasca della randa che avvolge l'albero è chiusa con due lampo .
Qualche problema viene dalla tenuta della lampo superiore all'altezza dello snodo del picco in quanto tende ad aprirsi sotto sforzo.
In attesa di trovare un tipo di lampo migliore le è stata affiancata una fibietta in plastica (tipo zainetto).

In mare
Il varo ( anche se sarebbe meglio chiamarla "1^prova ") è avvenuto il 13 Settembre 2000. A secco di vele ed in acqua ferma abbiamo riscontrato una leggera tendenza a Dx, lato dello scafetto. Questa tendenza viene neutralizzata da un leggero angolo di convergenza tra gli scafi.
 E' oggetto di sperimentazione se valga neutralizzare questa tendenza con la convergenza degli scafi (leggero aumento di resistenza costante) o tenersi questa tendenza e contrastarla col timone solo quando necessario.

Abbiamo navigato con buona velocità seppur con poco vento .
Nella virata la stecca-picco troppo tesata rimaneva convessa controvento.
Nel tentativo di portarla al buono ha ceduto un'impiombatura del'archetto del picco e ci è venuta in testa la randa (niente danni:teste dure) .
Successivamente tale archetto in cavetto è stato sostituito con uno realizzato in tondino che si è dimostrato più efficiente. 
In questa fotografia si può notare la poca tensione della balumina del fiocco che determina una errata apertura della parte superiore. 
L'inconveniente è stato quasi del tutto eliminato alzando la base del fiocco e migliorando l'angolo di scotta

 
 
La settimana successiva abbiamo eseguito un'altra prova in mare con un vento leggermente migliore. 
Abbiamo provato tutte le andature riuscendo anche a planare.
Non abbiamo ancora preso confidenza con il mezzo per poter provare a spostare i pesi e sollevare lo scafetto. 

I costi
Purtoppo non è stata tenuta una contabilità accurata dei costi sopportati.  Per la resina Epox è stato fatto un primo acquisto di 6Kg ad un prezzo di circa 320.000 (West). Successivamante, con il lento progredire del lavoro,l'acquisto di resina è stato fatto di Kg in Kg aumentanto naturalmente il costo della stessa . In totale sono stati utilizzati circa 10 Kg di resina. A questo riguardo bisogna dire che una parte della costruzione è stata fatta a scopo sperimentale (e per conoscere appieno le qualità della stessa). In particolare tre paratie e il timone sono stati costruiti usando più strati di CM intercalato da FV e incollato con Epox addensata. Tale costruzione ha determinato "sprechi" rispetto alla mera necessità costruttiva. Quantificherei il fabbisogno effettivo per la costruzione in 7Kg. circa usando CM da 3mm con due pelli di FV e non più di 4 con CM da 4mm e una sola pelle di FV (attenzione:  valori molto grossolani)
Sono occorsi per la costruzione 4 fogli di CM da 3mm  e qualche scampolo da 5 e 10 mm. Sempre per i sopracitati motivi sperimentali il reale fabbisogno sarebbe molto minore.
In generale penso che il tutto sia costato più o meno 2.000.000 di lire. Sulla base dell'esperienza attuale e del definitivo progetto ritengo che si possa pianificare e razionalizzare   il lavoro riducendo i costi quasi della metà.
La ferramenta particolare l'ho fatta in inox316 saldandola con una saldatore a elettrodo di tipo hobbystico (con modesto risultato - però è una buona occasione per imparare a saldare). Se le ferramenta dovessero essere fatte dal fabbro, per quanto "amico", sarebbe un costo notevole.
Considerazioni
L'approccio al problema "costruzione barchetta" è stato del tipo "a 360°".  Ho cercato di sviluppare in prima persona tutte le fasi della costruzione , dal progetto alla cucitura delle vele. Se si ha una disceta manualità e un pò di umiltà ad ammettere e modificare gli errori è un ottima scuola.
Poiché la costruzione è andata di pari passo con lo studio della materia e delle tecniche e relative prove se dovessi farne un'altro adotterei probabilmente materiali e tecniche diverse; ma questo è un'altro discorso, in parte ancora in divenire.



Aggiornamento Considerazioni finali
E qui bisogna essere molto umili e sinceri (non è facile ma è necessario).
Il progetto dell'Alessandra I l'ho fatto nel 97, con poca esperienza e poche nozioni specifiche. Da allora ho studiato parecchio e ho approfondito molti argomenti che avevo tralasciato o assimilato superficialmente.
difetti:
Lo scafetto: la poppa trascina appresso troppa acqua. Il motivo di questo è da ricercarsi nel disegno delle linee d'acqua che  si chiudono quasi dritte. Queste vanno invece chiuse più dolcemente. Questo difetto l'ho notato anche sugli scafi dei 10' di G.D'Alì al quale mi ero ispirato. Questo trascinamento determina lo squilibrio di resistenza tra scafo principale e amas e spiega la tendenza  a tirare sul lato dell'amas. Morale : lo scafetto va ridisegnato e costruito nuovo di sana pianta e quello attuale è buono per metterci i fiori .
L'attrezzatura: l' armamento tipo portoghese è complesso e necessita di regolazioni fini e continue . Un armo complesso non è marino: in caso di vento fresco può risultare difficile da manovrare e da ridurre. Meglio l'armo tipo bermudiano (marconi)  o a cat magari con albero non insartiato.  Conto di metterci le mani quanto prima (temo tempi"biblici") e trasformarlo radicalmente.
La deriva: la deriva va fatta basculante e a centro scafo. e basta!
Anche se si perde più tempo e la costruzione è più complessa questo sistema assicura la perfetta manovrabilità della deriva e la migliore posizione della stessa. Soluzioni più semplici non risultano poi pratiche o efficienti. Meditate gente!
In queste pagine propongo la mia esperienza e cerco di farlo con obiettività. Chi fosse interessato ad una costruzione analoga non abbia timore di contattarmi e magari con la mia esperienza qualche problema e qualche difetto lo potremo evitare.
Di solito i  "progettisti" veri non parlano dei difetti delle loro imbarcazioni. ...ma non  sempre è perchè questi siano assenti o siano stati eliminati....(peccatuccio di omissione)
 
L'autore
Luigi Scarnicchia, classe 56, una moglie Rita, una figlia Alessandra,t re maremmani Miro Selva e Bella. Vivono a Cori (LT) al 79 di Via Matteotti. 
Studi di architettura ed economia. Ha fatto diversi lavori (disegnatore, meccanico, imp.di banca, muratore,  programmatore di calcolatori, venditore di protesi chirurgiche).
Dal 1987 insieme alla moglie conduce una ditta di forniture professionali di Olio Extravergine di Oliva (di produzione propria) e altri prodotti alimentari. E' sempre disponibile ad argomenti inerenti  le barche. 
Indirizzo e-mail  studioscr@iol.it

Data aggiornamento pagina :  Luglio 2001
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