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Il varo è avvenuto
grazie
alla amichevole collaborazione di mio cognato Mario, di Walter, di Pio
e Letizia, del collaudatore ufficiale Pietro Bianchi e di Otello,
che è uno di quegli amici che ti si presentano con una
bottiglia
di Berlucchi, amici preziosi......e rari!
Ecco il Tico armato e pronto al
varo
Otello si domanda perchè
il pozzetto è così profondo e non autosvuotante. Il
motivo
è di natura ergonomica. Ho cercato di dare lo spazio necessario
al ginocchio per la distensione ottimale nello sforzo di sostenimento
del
corpo quando è necessario portarsi fuori bordo per equilibrare
la
barca. Abbiamo verificato - nel corso della prova, che la
quantità
di acqua che si imbarca nel pozzetto è minima in quanto il Tico
è refrattario all'ingavonamento. Ciò nonostante, in
previsione
di affronare un'onda più ripida, ho determinato di aggiungere in
coperta un piccolo paramare. Il paramare dovrebbere essere sufficiente
ad eliminare anche gli spruzzi dell'onda battente specialmente in fase
di avvio, a riva. Il Tico è dotato di una sassola che si
è
rilevata ben sufficiente allo scopo. Ciò nonostante
verificheremo
la possibilità di installare uno svuotatore dinamico tipo
Elvstrom.
Torniamo alla prova.
Condizioni: Vento da Maestra sui
dieci-dodici nodi in progressiva diminuzione durante le circa tre ore
della
prova. Onda modesta ma corta almeno nella parte riparata della rada di
Anzio (levante). Il collaudatore è Pietro Bianchi, istruttore
Fiv
e laserista di provata esperienza.
L'avvio: una decisa spinta e
subito
cazzare la randa. Il Tico è leggero e parte immediatamente.
Deriva e timone abbassati e via
di bolina.
Queste foto sono state prese
dal
molo Innocenziano. Chiaramente sotto il braccio della diga c'è
una
discreta remora
Un prova di planata. Questa si innesca con facilità aiutatta anche dal generoso volume di prua che evita l'ingavonamento.
Ecco Pietro che si diverte
a planare andando un po' più fuori deve c'è più
onda.
Sotto raffica il Tico risponde
bene.
Notate la flessione dell'albero e la posizione tutta fuori dello
skipper.
La navigazione non richiede tecniche particolari. In sostanza si tratta delle stesse manovre (per tempi e movimenti) già propri dell'Optimist e del Laser, quindi ben chiare e sperimentate. In questa foto Pietro sta completando una virata.
In queste foto Pietro è entrato nel porto di Anzio. Notate come il mare è completamente spianato. Questo ci da' modo di vedere con precisione l'uscità dell'acqua. La linea di galleggiamento è quella di progetto. Pietro pesa circa 65 kg. In questa foto siamo ad un traverso largo-laschetto e si sta innestando la planata.
Come dicevamo all'inizio, notate in questa foto l'ergonomia della posizione dello skipper.
Un traverso.
Un capitolo a parte riguarda la
manovrabilità.
La barca ha dimostrato di virare con facilità in pochissimo
spazio.
La rapidità della virata compensa l'immediata perdita di
abbrivio
caratteristica delle barche leggere che peraltro riprendono
immediatamente
la marcia. In questa serie di foto, Pietro si è divertito a
passare
all'interno di una molo, in spazi ristretti per fare vedere le
capacità
di manovra. Spero che dalla sequenza si possa percepire la pochezza
degli
spazi.
Pietro esce dal molo e dirige
vorso
la darsena
In darsena Pietro si è
esibito
anche in una bella "retromarcia " ma purtroppo era finito il rullino.
La
prova comunque è stata molto importante anche per verificare
come
la barca risponda immediatamante ai due colpi di timone. (la dimensione
del timone - confesso- era una mia preoccupazione).
Il collaudatore fa il giro
d'onore
sotto l'innocenziano
La planata di rientro
Concludiamo: Papà (Il
papà
del Tico- io - per intendesi) è molto orgoglioso della sua
creatura.
La scelta di avere un collaudatore terzo ha garantito innanzi tutto una
prova "professionale" e una visione obiettiva delle capacità
della
barca. Pietro ha dichiarato di essersi divertito e tre ore di prova
sembrerebbero
confermare questa sua dichiarazione.
Abbiamo messo a fuoco tre o
quattro
migliorie da apportare all'attrezzatura: Il Vang : va modificato
rinviando
in coperta la cima e strozzandola con un opportuno "fischietto".
L'archetto
va cazzato e va cambiato il bozzello (troppo grosso).
Pietro suggerisce un cavallotto
sul boma per evitare l'effetto "cappio" della scotta in fase di
abbattuta.
Penso di seguire parzialmente il consiglio installando una tasca in
tessuto
al posto del cavallotto che - sebbene sia più semplice mettere
il
cavallotto, temo possa facilmente stamparsi sulla fronte dello skipper.
Già la bomata è un grosso guaio; se poi sul boma in quel
punto c'è un bel cavallotto tagliente potrebbe essere
tragedia...Vedremo
se la tasca di dimostra efficiente.
Bisogna pensare ad un elastico o
qualcosa di simile per tenere in posizione orizzontale il timone in
fase
di fermo.
Il punto dolente è
rappresentato
dalla randa. Dire che è migliorabile è chiaramente un
eufemismo.
In fase di taglio ho sbagliato la misurazione della tasca e mi sono
ritrovato
la posizione della massima cavità troppo arretrata (quantificata
in circa venticinque cm troppo a poppa). Questo spostamento di
cavità
determina una considerevole perdita di efficienta della randa
specialmente
con venti leggeri. La prima stecca va allungata e con essa
l'allunamento
dell'ultimo ferzo. Vanno aggiunti dei tel-tales.
Da migliorare la tenuta della
deriva
in posizione ritratta. Adotteremo il sistema dell'elastico da prua.
Un discorso a parte merita la questione "terzarolo". A detta di Pietro non c'è n'è bisogno. Penso che seguirò il consiglio di Pietro per il mio prototipo ma mettendo a disposizione degli appassionati i disegni e consigli su come tagliare la tasca e organizzare il circuito. Comunque effettivamente siamo stati abbastanza vicini al limite di vento previsto dal progetto - almeno nella prima ora di prova. Le due foto di massima sbandata sono state prese in una posizione abbastanza aperta dove presumibilmente c'erano intorno ai quattordici kn.
Cosa è andato storto?
Quando siamo arrivati ad
Anzio
ci siamo andati a prendere il caffà al Malaga, come al solito.
Mario
si è innammorato di una panino Lonza e rucola e fino alle
quattro,
a prove concluse, non ha pensato ad altro. (ah...quel bel panino..)
Alle quattro infatti siamo tornati
al Malaga e si siamo avventati sul buffet.
Mario si è fatto scaldare
il suo ma attraversando la strada per andare ai tavoli gli è
caduto
in terra e ci è passata sopra una Smart. Credo sia
opportuno
che non riferisca i commenti di Mario.
Ringrazio nuovamente gli amici
che
mi hanno aiutato e tutti quelli che o telefonicamente o via e-mail mi
hanno
augurato un rapporto stretto con la balena...
Aloa!