Un osterigio
 
di  L.Scarnicchia

  La premessa è che sto restaurando una barca. Si tratta di una barca da regata del '70 che da allora ad oggi ha subito l' ingiuria del tempo e maggiormente dei diversi proprietari che si sono via via succeduti.  Ho cercato di riportarla alle condizioni di partenza facendo un lavoro il più organico possibile e cercando soluzioni di compromesso per renderla funzionale all'uso che ne vorrei fare ovvero quello di sparatana barca da piccola crociera costiera. Detto per inciso e facendo onore al cantiere inglese che l'ha costruita, la barca nasce da regata pura ma è arricchita con qualche abbellimento come il bottazzo in teak burma. All'interno in origine non c'era nulla tranne le brande costituite da teli su tubi in alluminio, giustamente come compete ad una barca da regata. La zona di prua ospitava due brande fatte in questo modo. Precedenti interventi di miglioramento (che io non ho ritenuto validi) sono stati rimossi e ho provveduto a realizzare una grande cabina di prua con un matrimoniale. Questa cabina in origine era completamente cieca. Altri proprietari si sono accorti che tale cabina cieca era poco vivibile ed uno ha risolto il problema montando due oblò trovati chissà dove. Gli oblò, chiaramente, non sono osterigi nel senso che a parte l'etimo, hanno richieste progettuali ben diverse e di conseguenza hanno delle grandi differenze pur essendo simili. La differenza principale è che l'oblò si monta a paratia e, se apribile, lo è dall'interno con la finestra che gira verso l'interno dell'imbarcazione. L'osterigio invece deve poter essere aperto dall'interno verso l'esterno e di solito si monta in coperta. Cambiano radicalmente quindi i probleni di tenuta.  Chi ha adattato gli oblò ha risolto parzialmente  il problema rivoltandoli verso l'esterno. Il difetto principale di questa soluzione, ancorchè estetico, è funzionale: le chiusure sono all'esterno.  A perte la scomodità di dover uscire dalla barca per aprire c'è anche un aspetto sicurezza da non tralasciare: chiunque poteva aprirli dall'esterno. Fu scelta la soluzione di montarne due  per rispettare (meno male, almeno quello) la presenza di un paio di correntini interni al centro della coperta che rinforzano la linea di compressione tra lo strallo e la paratia dove appoggia l'albero.
 Un ulteriore problema creato dai due mostruosi oblò era quello dell'ingombro.  Su una  barca  di modeste dimensioni, lo strallo arretrato e la presenza dello stralletto rendevano la coperta pittosto sacrificata. La presenza dei due orridi rendeva impossibile sdraiarsi al sole. Tale funzione è di primaria importanza per una barca da crociera se si  spera di ospitare qualche fanciulla (qui parlo da uomo: chiaramente per una armatrice valgono altre necessità ma comunque al sole qualcuno ci si vorrà stendere e lo spazio bisogna crearlo). 
  Se parlare di "orridi" può sembrare esagerato allora guardateVi questa foto:



  Dopo lunga ed attenta ricerca su svariati cataloghi di produttori di osterigi concludo che nessuno si dimostrava addatto al caso mio vuoi per le dimensioni, vuoi per la finitura. Infatti la produzione attuale risente del disegno di moda o comunque abbastanza moderno. Tutti questi disegni a me apparivano abbastanza stonati rispetto alla tuga in legno a vista. Lo stesso materiale di costruzione, acciaio alluminio o plastica non rispondeva alle mie valutazioni estetiche. Insomma, tutto questo per cercare di giustificare la mia personale fissazione di cercare sempre una soluzione autarchica: ho deciso di farlo da me. In questa sede è inutile andare a cercare le motivazioni più profonde di questo atteggiamento e preferisco lasciare la ricerca a chi è più titolato a farlo. Tocco questo "scabroso" argomento con una certa disinvoltura perchè so che in questa specifica platea di casi come il mio ce ne sono parecchi se non la totalità.

Quella che segue è la relazione di tutto il lavoro.

  Il primo passo è stato di postare un messaggio di aiuto sulla lista del Cantierino. Veniva richiesto un aiuto al progetto dovendo fare delle scelte e confutare quelle possibili.
Abbozzo un primo disegno

  Fabio mi fa notare che i supporti sono deboli: sarebbe bastato un calcio o un movimento irregolare per sbiecare il tutto.
Giusto, ottimo consiglio.
Riprendo il disegno:


  Adesso la struttura è più sicura. La cerniera è semplice e così montata consente l'apertura a 180° dell'osterigio. Una semplice cerniera a libretto senza dover ricorrere a ferramenta sofisticata o fatta espressamente.
  La forma è più pulita. Le cerniere non sono raggiungibili dall'esterno garantendo una ragionevole sicurezza. Scrivo "ragionevole"
perchè se uno decide di entrare nella vostra barca prima o poi ci riesce. Un po' come per la questione della sicurezza di casa. Si, è vero,  gli allarmi possono fare qualcosa.. ma in ultima analisi rubano anche al Louvre quindi inviterei a non fidarsi di false sicurezze e a regolarsi di conseguenza.
  Tornando all'osterigio abbiamo deciso di usare un plexiglas di 10mm per la copertura. Sarebbe stato preferibile il policarbonato, come aveva consigliato Paolo ma non sono riuscito a trovarne a prezzo accettabile e della misura richiesta.
  Un particolare che meriterebbe attenzione è rappresentato dalla questione "messa in sito".
  La coperta nella zona prescelta presenta una curva di bolzone non molto accentuata. Riportare la curva su una dima e provvedere alla sagomatura delle pareti dell'osterigio sarebbe stata sicura fonte di errori duplicati. Quindi ho scelto di  tenere conto della curva  generica per quanto riguarda il dimensionamento della parete e di non sagomarla in laboratorio ma direttamente in sito.
  Il progetto infatti è pensato per risolvere il problema della accordatura del tutto alla barca in maniera semplice.
  Avrei costruito l'osterigio e il telaio in laboratorio e  successivamente, prima della finitura, adattato il tutto alla zona prescelta.
  Per la produzione dei profili inizialmente avevo pensato ad una incursione nella bottega di Fabio, amico ebanista in Roma, per sfruttare le sue capacità , esperienza e fresa. Purtroppo gli impegni di entrambi non lo hanno consentito: siamo andati avanti per una mesata circa tentando di prendere un appuntamento ma è stato praticamente impossibile perchè quando poteva lui non potevo io e viceversa. Qui si potrebbe aprire un discorso sulla complicazione della vita... ma lasciamo perdere, ci facciamo solo del male.
  Oltretutto avevo bisogno di comprare una tavola di mogano di certa stagionatura. Visto che in laboratorio ci sarà almeno un metro cubo di ritagli di compensato che gelosamente conservo da ogni lavoro ho pensato di sfruttarlo in questa occasione prendendo due piccioni : liberare un po' il laboratorio e risparmiare qualche soldino.
  Ho risolto quindo il problema dei profili fabricandoli con un pane di listelli di compensato. La costruzione con i listelli avrebbe anche facilitato l'incastro della cornice e reso il tutto più solido. Il rovescio della medaglia è rappresentato dalla questione estetica perchè si sarebbe vista la stratificazione del cm anzichè la bella venatura del massello. Sotto il profilo funzionale una buona resinatura e verniciatura del manufatto avrebbe assicurato una sufficiente protezione del compensato.


  Per la cornice ho trovato un pannello di cm di 10mm. La cornice va resinata solidamente alla coperta quindi per la prefabbricazione è stata sufficiente l'incollaggio di testa e un piccolo cordolo di raccordo, giusto per tenerlo saldo nella fase di costruzione. Per rinforzare l'incollaggio di testa mi sono limitato ad una scanalatura della testa stessa, giusto una precauzione più psicologica che strutturale.

   Chiaramente il telaio deve essere perfettamente in piano e a squadro. Ho coperto il piano di lavoro con il solito foglio di polietilene trasparente che Vi rammento non si attacca alla resina e ho previsto delle guide mettendo dei chiodi sul piano di lavoro.
Dime o non dime è meglio sempre ricontrollare:



  Una volta incollato, per guadagnare tempo ho bloccato le fissazioni con una vite e quindi ho potuto stendere il cordolo nella stessa sessione di lavoro.
  Per il cordolo come per l'incollaggio ho addizionato la resina con della fillite (microsfere di silicato di boro) e un tixotropizzante (silice colloidale). Per l'incollaggio poca fillite, di più per il cordolo. Ho coperto il cordolo ancora morbido con un foglietto di polietilene e con le dita l'ho steso bene in modo da limitare all'essenziale le operazioni di finitura.
  Il cordolo appare di colore grigio topo, esteticamente bruttino ma siccome il tutto andrà pitturato con lo stesso colore della coperta il fatto è irrilevante. Se invece decidessimo di lasciare il legno a vista allora per la cordolatura sarebbe necessario impiegare farina di legno e silice facendo prove prima per verificare il colore finale.   Per inciso, il cordolo serve per rinforzo ma anche per estetica e funzione evitando l'angolo vivo interno e consentirci di stondare quello esterno del telaio assicurandoci la devozione alla regola che in barca non devono esistere, per quanto possibile, spigoli vivi. In particolare, per quello interno, il cordolo serve anche per consentire il sicuro passaggio delle vele.

  E' il momento di incollare l'osterigio vero e proprio. La scelta di usare listelli di compensato al posto del massello ha semplificato parecchio la questione incastri potendo alternare i listelli sugli angoli come si dovrebbe capire dal disegnino.

  Se non usate i listelli di compensato allora dovete fare degli incasti e farli bene perchè sono a vista. Non vi angosciate sulla loro resistenza perchè successivamente la struttura sarà irrobustita a) dal plexglass o policarbonato e b) da un paio di pelli di vetro che metteremo all'interno per legare bene il tutto.
  Considerate che, comunque, qualche stuccatura a vista dovremo sicuramente farla. Vuoi una incollatura di un taglio non perfetto, vuoi un difettino del cm, vuoi qualche scheggiatura in fase di taglio cosa frequente se con la sega circolare ci tagliate di tutto e non portate la lama ad affilare (come quell'arruffone che scrive).


 Per stuccare decentemente useremo la resina e la polvere di legno che OGNI VOLTA il buon autocostruttore gelosamente ripone quando carteggia. Chiaramente cercate di conservare quella più fine e di selezionare (chiaramente in fase di raccolta) le diverse essenze che usate. Come avevo già scritto, alla polvere di legno di solito miscelo un po' di silice che schiarisce il composto che altrimenti tende ad essere più scuro del legno vero.
Prima di incollare ricontrollate che le dimensioni siano esatte presentando il telaio.
Incollate con resina addensata un po' liquida e mettete dei pesi modesti sui listelli. Gli incollaggi di parti ben combacianti possono essere fatti con successo anche usando una colla poliuretanica. Se posso consigliarvi, lasciate perdere le colle rosse o bianche che appartengono al passato: grazie a Dio e agli uomini la chimica ha fatto passi da gigante e non tenerne conto non è cosa intelligente.
  La parte piana del telaio sarebbe bene farla in una sessione di lavoro separata e procedere all'incollaggio delle pareti verticali una volta che questo sia ben incollato. Fare piccole sessioni di lavoro mi è riuscito bene avendo poco tempo a disposizione. Se invece vi trovate con più tempo e volete fare tutto in una volta allora vi consiglio di cercare di organizzare bene il lavoro provando le varie fasi, tenendo tutti gli attrezzi e le dime a disposizione e numerando i vari pezzi da applicare. Capita spesso di trovarsi "incartati" e non poter andare avanti.
  I costruttori più esperti sorrideranno a queste mie raccomandazioni da "precisino", le troveranno superflue o discutibili avendo loro, con la loro esperienza, maturato modi diversi di lavorare. Non pretendo di indicare una via a questi ma magari il neofita potrebbe giovarsene. Poi quando avrà fatto le sue esperienze e maturato il  modo di lavorare più confacente alla sua personaltà ed esigenze farà come meglio crede.
  Torniamo all'incollaggio della cornice.
  Sulle dime predisposte sul piano di lavoro comincio a disporre il primo livello dei listelli. Per l'incollaggio ho deciso di adoperare resina epossidica. Una prima pennellata di prodotto puro su entrambe le superfici dei listelli da incollare. Prima di accoppiarle stendo su una superficie e sulle teste un velo di resina addensata con un po' di silice non forzando la densità in modo che questa rimanga abbastanza liquida da stendersi con una moderata pressione e senza fare eccessivo spessore.
  Sull'ultimo livello dispongo una serie di pesi cercando di distribuirli in maniera uniforme. Il peso non deve essere eccessivo: ne basta poco giusto per garantire l'uniformità degli spessori. Sicuramente un po' di resina fuoriuscirà dai fianchi. Bisogna regolarsi sulla quantità di prodotto da utilizzare ma questo è un valore che viene dall'esperienza. L'importante è che non si creino vuoti che possano essere a contatto con l'esterno. Lascio polimerizzare l'incollaggio. A ripresa del lavoro andremo a controllare che non vi siano sbavature di resina sulle parti che dovranno ospitare le pareti verticali dell' osterigio.
  Anche per le pareti verticali adottiamo il sistema del pane di listelli. Cerchiamo di tagliare con discreta precisione i listelli in modo le teste  che si incastrino uno sull'altra rinforzando lo spigolo. Anche per la posa in opera di questi incollaggi ci siamo preparati delle dime usando blocchetti di legno di recuro rivestiti di nastro adesivo da pacchi del quale precedentemente abbiamo sperimentato le caratteristiche di non presa sulla resina. Seguiamo le stesse procedure per l'incollaggio come per la cornice. In questo caso, visto che trattiamo superfici verticali, non possimo ricorre ai pesi ma dobbiamo dar fondo a tutta la nostra disponibilità di morsetti. Prima di procedere con la resina è bene perdere un po' di tempo ad organizzarsi il lavoro provandolo a secco. Alla fine il manufatto scompare sotto una selva di morsetti.

  Dopo aver completato la stabile fissazione degli incollaggi andiamo a cercare di rimuovere meccanicamente gli eventuali eccessi di resina in modo da alleggerire in lavoro di rifinitura.
Polimerizzatasi la resina otterremo un manufatto molto grezzo. Procediamo con una prima rifinitura molto grossolana.


  A questo punto, con il nostro distinto osterigio appena abbozzato ci trasferiamo al cantiere e proviamo la costruzione per verificare se abbiamo fatto qualche stupidaggine.
  In cantiere la prima cosa da fare per presentare l'osterigio è inserire il telaio giacchè la posizione dell'osterigio in coperta dipende dall'accoppiamento con questo.
Le seconda cosa da fare è di accoppiare in maniera stabile il telaio con l'osterigio in modo che il telaio gli faccia da guida e ci consenta di prendere le misure precise per seguire la curvatura del bolzone.



  Cercheremo di seguire la curvatura del bolzone quanto più possibile sia per una questione estetica che per una pratica ovvero di avere una chiusura quanto più possibile precisa che ci dia ragionevoli garanzie di tenuta all'acqua.
Dopo diverse prove e molte botte di raspa siamo riusciti a far spianare l'osterigio. Procediamo alla fissazione del listello che ospita le cerniere. Notate nella foto che per la presa delle misure abbiamo previsto lo spessore della guarnizione.
  Terminata la fase dell' "accordatura" cominciamo a suonare.
Con la raspa incliniamo il taglio della coperta verso l'interno. Il taglio ci serve per ospitare una buona quantità di stucco strutturale che aggangi stabilmente il telaio e renda ben stagna l'unione.

  Nel disegnino è evidenziato lo schema dell'incollaggio. La robustezza dello stesso, oltre che per la fissazione stabile del telaio è finalizzata a mantenere la rigidità della coperta che di fatto viene assai indebolita dall'apertura. Se poi un giorno doveste leggere che il sottoscritto è naufragato perchè la barca gli si è spezzata in due all'altezza dell'osterigio..beh.. lasciamo stare và.. e tocchiamo ferro.
   Siamo tornati in laboratorio a completare il lavoro. Rifiniamo il manufatto e stendiamo una mano di resina (due sulle teste del cm) e una vernice trasparente. La vernice deve essere adatta alla resina e contenere una buona filtratura UV. Applichiamo il plexiglass sul telaio dopo aver spalmato un sigillante poliuretanico (di colore scuro) sul telaio nelle parti combacianti. Il telaio chiude "a paro" sul plexiglass e tra la cornice  del telaio e il plexiglass abbiamo lasciato un vuoto di circa 3-4mm. Una volta bloccato il plexiglass in piano (anche qualche vite, lo so che non sarebbe necessaria ma..) riempiamo il vuoto con un altro sigillante, sempre poliuretanico. Per il lavoro di riempimento lo usato la "gommina" (gergale) ovvero il sigillante specifico che si usa per le coperte in teak che ha la proprietà di essere abbastanza fluido e penetrare bene senza fare bolle e, una volta indurito, si rifinisce bene. Come sigillante ho scelto il Polys RP Zucchini piuttosto che il Sika proprio per questa maggiore facilità d'impiego.
Impiegando questi sigillanti è bene applicare sulle parti delle maschere (con nastro adesivo) per facilitare la rimozione delle inevitabili sbavature.

  La gommina in eccesso si rimuove facilmente con una lama e si può carteggiare. Attenti a non graffiare il plexiglass.

  Ulteriore raccomandazione su una cosa della quale non avevo tenuto conto (purtroppo): il plexiglass si carica elettrostaticamente ed attira la polvere. Potreste avere la sorpresa di tovarne uno strato sulla parte piana sigillata una volta rimossa la protezione.
Mi ci sono molto arrabbiato ma il lavoro di ripristino sarebbe stato, a questo punto, distruttivo e ho dovuto desistere. Mi tengo l'osterigio con la polvere, voi cercate di evitarlo.

  Torniamo al cantiere. Avvitiamo  l'osterigio con un pò di sigillante sulle viti e scappiamo. Una chisura a scatto e un compasso per regolare l'apertura e il lavoro è finito.
Andiamo a navigare con altre barche e  dopo una paio di mesi rientriamo al cantiere. Non troviamo acqua in barca. Bene, anzi, benissimo! In compenso ci accorgiamo di aver lasciato il nastro maschera sul nostro distinto osterigio e che questi si è cotto col sole e ci vorrà un bel po' per rimuoverlo. Anche qui, se potete, fate tesoro.


  Concludendo:
un buon progetto e una discreta esecuzione. L'osterigio è ben funzionale e si accorda garbatamente all'estetica generale della barca. Un paio di stupidaggini (la polvere e il nastro) ma siamo buoni e ci assolviamo.

  Adesso a Voi!