Ciao Gianni,
9 metri cominciano
ad essere abbastanza impegnativi...non me la sento di darti consigli su
uno specifico progetto anche perchè non conosco le tue
capacità
manuali che in questo caso dovrebbero essere notevoli.
Ad esempio Francesco con il suo
Vania ha fatto ricorso ad uno scafo già stampato, soluzione che
potresti percorrere con un discreto risparmio di tempo e non ultimo
anche
di denaro.
Invece Fausto e Daniele con il loro
Bohené in costruzione hanno delle conoscenze e capacità
manuali
che in Italia pochi hanno, anche tra i professionisti ed hanno maturato
una buona esperienza costruendo anche barche più piccole.
In ultimo (ma non ultimo) per intraprendere questa avventura mi piacerebbe sapere se qualcuno mi può indicare su quale ordine di spesa sto andando incontro, l´aspetto economico, sarà per me un aspetto importante, e sarò costretto ad affrontare la costruzione in modo da risparmiare dove possibile.
Molto dipende anche dalla zona dove
ti trovi: se ci sono grossisti di materiali ed attrezzature. Considera
che da questi puoi ottenere sconti, offerte, buoni consigli e vederti
le
cose direttamene, un po' meglio che su cataloghi.
I costi dipendono anche molto dal
grado di rifinitura che vorrai dare alla tua barca.
Non dimenticare però che
una barca ben rifinita (anche se autocostruita) un domani si vende
meglio
che una costruzione "povera". Aumentano quindi le possibilità di
rientrare dell'investimento se non di guadagnarci e recuperare il costo
del lavoro.
Nella fase di acquisto di scafo
o progetto entra anche nel dettaglio (magari con un parere preventivo
di
un ente di certificazione) della categoria di omologazione per la
navigazione.
Impianti e attrezzature spesso costano
più della costruzione dello scafo (motore, impianto elettrico,
idraulico,
rigging ecc) e sono funzioni molto variabili.
Cerca di valutare bene queste variabili
e di considerare con attenzione l'impegno (di qualche anno) che stai
prendendo.
In Italia, come nel mondo, ci sono molte barche nei garage ferme a
metà
costruzione.... per stanchezza, perdita di interesse per il troppo
tempo
necessario, costi elevati ecc.
Oggi una barca sui 9 metri può
costare ad un cantiere dai 60.000 E al doppio. Dipende molto dal tipo
di
attrezzatura e dalla costruzione e, cosa molto importante, dalla
navigazione
alla quale la vuoi sottoporre.
La stessa barca di 9m per fare delle
gite sottocosta é una cosa, un'altra cosa é volerci fare
il giro del mondo in termini di resistenza dei materiali e
dell'attrezzatura.
Data la tua esperienza di vela non
ti dovrebbe essere difficile valutare anche questi aspetti.
buon vento!
Webmaster
Ciao Gianni, ho appreso che anche tu vuoi entrare a far parte del mondo
degli autocostruttori.
Ho anche letto le risposte che ti sono pervenute e trovo che siano
sufficientemente giuste ma incomplete.
L'autocostruzione sottintende una quantità molto estesa di
tempo, ed uno spazio sufficiente per costruire.
In termini economici, sicuramente se uno ha gli spazi sufficienti
è conveniente, ma se bisogna considerare l'affitto di uno spazio
per un tempo alquanto lungo per la costruzione, la cifra ipotizzata che
inizialmente per una barca di 9mt è racchiusa in poche migliaia
di euro per i compensati ed i masselli.
Considerando quanto detto circa i costi che sono poi la voce primaria
per sbilanciare una scelta a favore dell'autocostruttore se non una
passione viscerale per la costruzione, è ipotizzabile anche
un'altra soluzione per non eludere la possibilità di
autocostruirsi la barca. Farsi allestire scafo, coperta e struttura da
un cantiere artigianale e realizzare la finitura, gli interni, e tutte
le altre parti quali bulbo, timone in casa nel tempo che il cantiere
costruisce la carena, così da avere tutto pronto per essere
montato e mettere in acqua la barca in un lasso di tempo ridottissimo,
essendo la costruzione demandata al cantiere quella che ha un maggior
dispendio di ore.
Prendi in considerazione anche questa faccia della medaglia e Buon
Vento.
Ciao Alessandro
> Vorrei costruire
un motoscafo fuoribordo in
vetroresina,
mi servirebero
> consigli
sia su come fare che su che libri comprare.
Carlo Aberto
>
La vetroresina cioé il composto
di diversi strati di tessuto di vetro e di resina (vinilestre,
poliestre
o epossidica) si lavora su stampi femmina.
Va da sé che per ammortare
il costo di uno stampo occorra da questo tirar fuori un certo numero di
esemplari.
Qualcuno ha provato tecniche intermedie
ma i risultati sono abbastanza dubbi.
Per la costruzione di esemplari
unici conviene adottare materiali e tecniche diverse.
Chiaramente la materia è
ampia e non posso esaurirla in una mail.
Diciamo che comunque un motoscafo
si presta bene ad essere costruito in compensato marino. A sua volta il
compensato può essere rivestito all'esterno in vetro + resina
epossidica
o con finalità di protezione o addirittura strutturali; questo
dipende
dal progetto. Quello che ne esce, se ben costruito, è uno scafo
migliore della comune vetroresina per molti fattori quali leggerezza,
rigidità
e non ultima una migliore vivibilità della barca nonchè
del
cantiere (dopo vent'anni la resina poliestere o vinilestere ancora
puzza).
Nella pagina Biblioteca trovi elencati
parecchi titoli. Per introdurti potresti leggere "Costruirsi una barca
in legno" di Gutelle o "la barca in vetroresina" di Streiffert entrambi
in italiano editi da Mursia, in inglese c'è Boat Building di Sam
Devlin che è un ottima guida per la tecnica cuci&incolla -
Luigi
beh, vedo che punti in alto....
Comunque quando si deve determinare
una dimensione prima si mette a fuoco il tipo e il carico di lavoro, il
fattore di sicurezza e il materiale da impiegare.
Circa dimensionamenti (legno,
vtr, acciaio, allluminio) puoi far ricorso al libro di Dave Gerr "Boat
Strength" e a "Boat Data Book" di Ian Nicolson. Entrambi si fondano
sulla
tumb rule espressione della praticità e pragmatismo
anglosassoni.
Questi vanno presi come punti di
partenza.
Puoi anche avvalerti delle pubblicazioni
del Rina o LLoyds.
> Inoltre vorrei
sapere se è staticamente corretto( e precisamente
> perchè)collocare
dinette e cucina in asse con la deriva.
Proverò a darti qualche risposta dall'alto della mia esperienza di progettista di barche di tre metri.
Sotto il profilo statico in generale
non ci sono problemi; questi semmai cominciamo quando ci si mette la
dinamica.
La barca in genere è il frutto
di tutta una serie di compromessi.
Anche la scelta delle sistemazioni
segue questa linea.
La cucina è uno degli elementi
più complessi in quanto deve tener presenti molti fattori. Deve
essere comoda in genere e funzionale ma al tempo stesso deve fornire
adeguati
appoggi quando si è sbandati.
I fornelli dovrebbero basculare
in asse con i fuochi allineati in modo da equilibrare i pesi.
In più su un ventiquattrometri
è probabile che l'armatore abbia molti ospiti e comunque che la
cucina sia frequentata da un cuoco professionista.
Se la cucina della barca che stai
progettando è usata dalla moglie dell'armatore è una
cosa,
se sarà usata da un cuoco pagato è un'altra.
Chiaramente (qui lo dico e qui lo
nego) sarebbe auspicabile la seconda ipotesi che lascerebbe più
libertà al progettista.
Nelle barche dai 6 ai14m penso che
il miglior posto per una cucina sia a murata con andamento ad L nella
parte
più alta della cabina che di solito è quella
immediatamente
a ridosso del tambuccio. Hai anche migliore aereazione e si passano
facilmente
le pietanze o la tazza di caffè caldo al pozzetto.
Però se progettassi
la mia barca da 24m (e avessi adeguata servitù) metterei la
cucina
in un posto lontano dalla dinette e cabine salvando la barca dagli
odori.
Chiaramente ogni sistemazione prossima
alla parte centrale della barca gode della minore escursione per rollio
e beccheggio ma non tutto può trovare posto al centro
(dinette
wc cucina carteggio ecc).
A parte i compromessi legati alla
funzionalità noto che entrano in gioco molti altri fattori
non ultimi l'estetica e l'affermazione di status.
Se fai un giro sui maxi al
salone di Genova puoi vedere molte soluzioni che un "marinaio"
giudicherebbe
folli o comunque inaccettabili.
E a sentire molti, pare che le barche
dove si cucina in navigazione siano poi molto rare. Di solito lo
spaghettino
si fa in porto o al massimo in rada.
Quindi penso che prima di individuare
la posizione della cucina bisogna fare una approfondita indagine sulla
destinazione effettiva dell'imbarcazione.
Le esigenze di un giramondo sono
molto differenti da quelle di una barca da regata , di una per
charter,
di una che fa crociere a ospiti paganti facendo tappa ogni sera in un
porto
diverso o di una che è destinata ad essere stabilmente
ormeggiata
in banchina a porto Cervo per ricevere l'amico industriale o
l'avvenente
pin-up.
Capito questo non è difficile
regolarsi di conseguenza.
Luigi
Ciao futuro Architetto,
la tua richiesta di suggerimenti mi sembra un tantino vaga per essere
elusa completamente.
I consigli sulle pubblicazioni di riferimento siono giusti, ma, essendo
un progettista navale, mi spaventa un pò notare che nella
progettazione di una barca in special modo di dimensioni ragguardevoli,
24mt dove i carichi sulla struttura sono dell'ordine delle migliaia di
chili, ci si preoccupi più dove mettere il blocco cucina
piuttosto che pensare a dimensionare correttamente senza aggiungere
pesi inutili o peggio ancora sottodimensionare la struttura. I manuali
sono utilissimi per dare una indicazione dei dimensionamenti, ma ogni
barca in funzione delle sue linee ha carichi differenti che è
meglio calcolare prima con le reali prestazioni che raggiungerà
la barca.
Una barca leggera subirà sollecitazioni differenti e talvolta
maggiori da quelle di una barca dislocante - impatto sull'onda ecc.-
Per quanto riguarda la disposizione degli interni, il tutto è
rimandato alle preferenze dell'armatore piuttosto che ad una vera e
propria tendenza progettuale.
Spero che tali informazioni ti possano essere di aiuto.
Saluti Alessandro
E' lo standard americano.
La prima cifra sono piedi (1 piede
= 30.48 cm)
La seconda cifra sono pollici (1
pollice = 25.4 mm)
La terza cifra sono OTTAVI di pollice
(1/8 pollice = 3.175 mm)
Spesso, a fianco alla terza cifra,
si trova un segno "+" o "-" che
indica che bisogna rispettivamente
aggiungere o sottrarre 1/16 di
pollice.
Nel tuo caso, 0-4-7 equivale a 123.8 mm.
Ciao e bv
Pippo
Le manovre di un picco di una randa
aurica fondamentalmente sono due:
-drizza della gola
-drizza della penna o martinetto
La drizza della gola agisce sulla
"forchetta"
il martinetto regola l'alzo del
picco
Meglio di tante parole è qualche
immagine. Quelle che vedete sono tratte dal bellissino libro di
Giovanni
Santi-Mazzini "Yachting '600 -'800 ed.Gribaudo che secondo me è
un buon investimento per chi voglia farsi un po' di cultura marinara.
Un elemento importante del picco
è la "gola". Questa deve tenere unito il picco all'albero
consentendo
il movimento verticale.
nel disegno piccolo sono mostrati due gole: una di un boma (superiore) e una di un picco. Come potete notare quella del picco si differenzia per la presenza di un pattino all'interno della gola che serve ad evitare che il picco si incastri sull'albero. Di solito il punto di forza della drizza è sul pattino o immediatamente vicino ad esso
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Sono Francesco
..un appassionato autocostruttore di piccole imbarcazioni , conosco
discretamente
le resine, il legno ecc. (fatte, 1 canoa e 1 lancia da 4,5 mt );
Nella lavorazione
di discrete quantità di resina poliestere mi sono reso conto dei
limitati tempi a disposizione nella laminazione (circa 10 minuti di
tempo
disponibile) oltre i quali la resina si condensa e la relativa
possibilità'
di bagnare le fibre finisce + altri problemi.
A differenza
delle resine epossidiche che si avvalgono di una gamma di additivi
notevole
che risolve quasi tutti i problemi (a costi esorbitanti...!!!) , per la
più economica r. poliestere non conosco altro che il
catalizzatore;
- desideravo
un piccolo approfondimento circa la laminazione in vetroresina
(poliestere)
: e cioè' se esistono additivi (metodi !!!!!) per
rallentarne
l'indurimento specialmente quando si devono eseguire grossi lavori
(barche
da 6 metri in su' ) e quindi realizzare laminati di grosso spessore ,
considerando
il problema della laminazione che va fatta non su di uno strato che
già'
si e' indurito,(ma su bagnato) valutando anche il problema del calore
che
si sprigiona durante la reazione chimica ( pericolo incendio !!!!!) ,
cioè'
........come fanno i cantieri nei grandi lavori ( stampate di barche in
vtr da 10 metri) per esempio.
............................Grazie
in ogni caso e saluti
parliamo di resina poliestere :
partendo da uno stampo prima cosa
si da il gelcoat e si lascia asciugare circa 24 ore, poi si stende il
primo
tessuto che di solito è di una grammatura leggera così
non
marca sul gelcoat, ci sono delle tazze che contengono la resina con
capacita
di circa 3 kg quindi ogni persona ha questa tazza e catalizza con circa
10-12 millilitri (si compra un misurino) quando è caldo come in
questo periodo oppure con 15-20 mill. se è freddo (diversamente
da come diceva il Costantini in cantiere si usa fare così e
funziona
benissimo) .
con questa tazza così catalizzata
si lavora comodamente per 30 minuti, ed in30 minuti si finiscono prima
i 3 kg di resina e non ha tempo di indurirsi, poi si riempie la tazza e
via così.
finito il primo strato si aspetta
che il tutto sia secco (contrariamente a quello che scrive questo
signore)
e il giorno dopo si stende il secondo strato e così via.
raramente si riescono a stendere
due strati contemporaneamente proprio perché sviluppa molto
calore,
è possibile farlo con tessuti leggeri e per piccole superfici.
ciao
Daniele
PS. se lui ha un tempo di lavoro
di soli 10 minuti significa che catalizza troppo, così facendo
il
prodotto non avrà buone caratteristiche meccaniche perché
la resina diventa troppo dura (come il vetro) così gli strati
non
sono uniti fra loro, bisogna ricordare che la resina non da nessuna
caratteristica
meccanica ha solo la funzione di collante per le fibre, quindi se si da
poca resina il tessuto rimane asciutto così poi si straccia, se
si da troppa resina si aumenta il peso e le fibre non sono ben unite
fra
loro .
trovare la giusta misura e la giusta
dose di catalizzazione non è facile per questo esistono cantieri
che lavorano bene ed altri che lavorano meno bene.
****
Vorrei aggiungere circa le lavorazioni in epossidica che gli induritori ritardati - a 8 ore o anche più- fanno la loro comparsa in seguito all'esigenza di fare una stampata completa (e differenza della tecnica della laminazione per strati) al fine di mettere l'intero manufatto in sacco a vuoto d'aria . Nel caso del sacco la laminazione deve avvenire a ciclo completo. Questi induritori sono realizzati anche con un occhio alla progressione della reazione termica. Di solito comunque questi manufatti molto sofisticati sono sottoposti anche a post cottura.
Vorrei invitarti inoltre a riflettere
circa la questione del costo.
Hai senz'altro ragione in termini
assoluti. Se invece si fanno delle considerazioni in
termini
costo/resistenza e costo/peso allora l'ago della bilancia pende per
l'epossidica
. Questo per dire che il costo é anche in funzione delle
esigenze
di progetto del manufatto.
Un risparmio di peso del 20% per
una barca a vela significa meno tela (meno costo) meno energia per
spingerla
anche a motore (altro risparmio) e magari più velocità.
Se
il tutto si rapporta ai 20/30 anni di probabile vita dell'imbarcazione
allora vedi che certe scelte che sembrano più costose in
realtà
sono le più economiche.
Chiaramente é un discorso
generico, con tutte le grossolanità del caso.. prendilo come
tale.
Luigi
Si può fare una efficace sartia usando un cavo in fibra tessile. Sceglieremo la fibra che da’ maggiori garanzie di tenuta e di non elasticità ovvero di minore allungamento sotto sforzo. Una fibra che si é validamente dimostrata adatta allo scopo é ed es. il dyneema. Già una cima in dyneema da 4mm, calza compresa, viene dichiarata avere un carico di rottura di 700kg.
Una particolare attenzione merita
la questione arridatoi. Avendo usato un tessile per sartia, nulla impedisce di usare lo stesso tessile per produrre un efficace arridatoio per tensionare correttamente la nostra sartia. Ci sono varie possibilità. La prima che prendiamo in considerazione é la più semplice. Si tratta di eseguire una gassa semplice verso la parte della coperta lasciando una buona quantità di cima. Questa cima viene poi fatta passare per il cavallotto o la landa . Da questi la cima rientra nella gassa per tornare al cavallotto o landa che sia. Si mette in tensione sfruttando il braccio del paranco. Se le tensioni sono importanti potremo anche raddoppiare i bracci del paranco. Un doppio nodo ad ancorotto assicura la tenuta del nostro “arridatoio”. La figura 1 é un tentativo grafico di spiegare il sistema. Nella figura 2 é rappresentata la versione evoluta del nostro “arridatorio”. La sartia termina con una redancia regolarmente impiombata. Il paranco si forma facendo passare una cima tra cavallotto o landa e la redancia. Questo sistema si addice meglio dove sono richiesti più bracci di paranco essendo migliore lo scorrimento della cima sulla redancia anziché tessile su tessile come nel primo caso. Un ulteriore miglioramento al sistema potrebbe essere apportato sostituendo un grillo col gambuccio a filo (non quelli stampati che potrebbero rovinare la cima con lo spigolo) come terminale del paranco. Questo miglioramento è consigliabile qualora l’albero della vostra barca venga armato ogni volta che uscite in mare rendendo l’operazione di accordatura del sartiame molto più rapida. Valutate l’ipotesi del grillo anche considerando che a distanza di qualche mese potreste non ricordarvi con caspitaccio si faceva correttamente il sistema del paranco. In tal caso il grillo vi risparmierà qualche poco lusinghiero commento da parte degli inevitabili spettatori (onnipresenti quando qualcosa non va’ per il verso suo). |
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Questa foto é un ulteriore
tentativo per spiegare il sistema. |
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