Non sapevo nulla di resine, nulla di come progettare una barca ne tanto meno di come leggere un progetto. Dalla mia il fatto -e non è poco- di abitare su un lago, con la mia spiaggetta “personale” e tanto tempo a disposizione ( insomma, un immeritato angoletto di paradiso )… Dimenticavo: una patente nautica presa in gioventù e rimasta in un cassetto a prender polvere.
Non sono “sportivo”, detesto le scuffie, il trapezio (questo sconosciuto) mi pare uno strumento di tortura. Mi son detto: “Forse un trimarano è quello che ci vuole, non devo pormi -più di tanto- il problema di tenere la barca piatta e di scuffie spero di non sentirne più parlare”. Il mio tri doveva però essere leggero, dovevo poterlo mettere in acqua e tirarlo su da solo, al massimo con l’aiuto di un rullo d’alaggio. Ho lasciato praticamente marcire un vaurien proprio per la difficoltà di metterlo in acqua da solo, ed anche col laser faticavo non poco per tirar su l’albero e poi era troppo “sportivo” per i miei gusti… Alpa tris !?: carina, semplice, essenziale, ma lo scafo pesa e comunque ad ogni virata mi devo spostare ed il mio peso ha “un peso” sulla sua stabilità … no no no, ci vuole un bel trimarano. Risultato : ho venduto quasi tutto!!!
Parte la ricerca su internet…: pesanti, costosi, invelatissimi (astuz, magnum, virus ed altri nomi altisonanti da mari del nord, burrascosi e impegnativi): ormai sulla soglia dei 60, mi piace vedermi come un vecchietto calmo e sedentario. Non rimaneva che L’AUTOCOSTRUZIONE . E qui comincia l’avventura:
Progetti su internet !?, forse qualcuno, ma poco adatti a me e poi per via della mia colossale ignoranza risultavano tutti indecifrabili. Senza perdermi d’animo mi sono risoluto a farlo e basta, senza progetto: ho fatto un modellino (che vedete in foto) per capire come tagliare il compensato,
anche gigi ,il barboncino di mia moglie, ha apprezzato.
E VIDI CHE ERA COSA BUONA
E FU SERA E FU MATTINA
Ora sapevo come tagliare il compensato……
Non sapendo bene come giuntare il compensato, ho deciso di fare 2 mezze barchette della lunghezza di un intero foglio.
Le avrei giuntate poi con dadi e bulloni e un piccolo O-RING tra le due per evitare l’ingresso dell’acqua. E poi le 2 strutture più piccole sarebbero certo state più maneggevoli.
Ora ci voleva un marchio di fabbrica.
OUI, JE SUIS TERUN !
E VIDI CHE ERA COSA BUONA
E FU SERA E FU MATTINA
E vai, si comincia ad incollare :
un bel pezzo di compensato un po’ più spesso a prua per unire i due fogli e che sborda dalle fiancate a mo di maniglia….
. … e uno a poppa dove attaccare gli agugliotti
e poi bagli/ordinate (?) per distanziare le fiancate.
e gli specchi di poppa/bagli massimi(?
poi incollato il fondo, resina, resina, resina, e finalmente…
E VIDI CHE ERA COSA BUONA
E FU SERA E FU MATTINA
Poi è arrivato il momento di dedicarmi agli amas, la mia tecnica si era un po’ evoluta e mi sono potuto permettere di stressare un poco il compensato dandogli una forma più aggraziata. Per farli ho usato la parte superiore dei fogli di compensato già tagliati che era avanzata dalle fiancate.
poi l’alluminio, ed ho scoperto che si lavora quasi come il legno.
fatto il timone ( ai miei occhi un “gioiello di tecnologia) ho cominciato a sentirmi
“bravino”
una volta coperti gli scafetti mi sono detto:
“SONO UN DIO”
E VIDI CHE ERA COSA BUONA
E FU SERA E FU MATTINA
Al quinto giorno dio disse:
” Facciamo la coperta e mettiamola in opera “
è stato un disastro…. ho sbagliato i buchi, e la scassa della deriva, e ho dovuto rifare tutto, e corri a comprare un’altro foglio di compensato (ovviamente più spesso e più caro), e la resina tirava troppo in fretta, e non avevo abbastanza pesi per far seguire alla coperta la curvatura dello scafo, e vaffanculo a quando mi son sentito BRAVINO, e vaffanculo a sentirsi un dio…. cmq (come si dice adesso) sono sopravvissuto e soprattutto anche il tri ha superato il trauma -e non penso proprio che il buon dio ne abbia avuto qualche danno-
dimenticavo: deriva e albero sono stati posizionati a … naso, ancora non ho capito bene la teoria su centro velico e centro di deriva e rapporto tra di essi. Li ho piazzati dove mi sembrava più giusto… e dove la struttura dello scafo me lo permetteva. E soprattutto ho incrociato le dita confidando nella buona sorte.
Alla fine il risultato non sembrava malaccio
E VIDI CHE ERA COSA BUONA
E FU SERA E FU MATTINA
Una delle cose più costose é stato far piegare le traverse in alluminio da un piega metalli professionale, praticamente fa solo quello, se il tubo fosse stato rotondo anziché quadrato, come il mio, dice che il risultato sarebbe stato perfetto…
Il piccolo armo della fedele alpa tris calzava alla perfezione. Niente sartie, niente stralli e paterazzi e vaffanculo senza nessuna fatica . tiè
Complimenti per il livello della tua ” imbranatura ” . Scherzi a parte ho apprezzato, oltre alla buona qualità della costruzione, la condivisibile ” filosofia “con la quale
hai affrontato il lavoro e la simpatica descrizione dello stesso. Questa, in particolare,
mi è molto piaciuta in quanto è paragonabile all’atteggiamento del sottoscritto nei
confronti di un catamarano che stò costruendo da diverso tempo e che fatico a
portare a termine.
Per la cronaca. i tuoi 60 io gli ho passati da un pò di anni dal momento che stò
” navigando ” verso gli ottanta.
Complimenti ancora .
Ciao , Renato ( ho qualche contributo anch’ io sul Cantierino )